43- Chiesa di Santa Chiara
(Sorelle Povere di Santa Chiara)

 

Fa parte dell'annesso monastero abitato dalle clarisse fin dal XVI sec. L'edificio, a croce greca con piccolo atrio, fu ricostruito nel 1776, con progetto dell'architetto Giuseppe Lucatelli di Mogliano (1751-1828) su preesistente chiesa del XIV sec.
Sulla facciata l'effigie di santa Chiara, disegno del Professor Wulman Ricottini di S. Severino.
Conserva un coro ligneo eseguito nel 1511 dagli Acciaccaferri, allievi di Domenico Indivini.
La tela dell'Annunziata è del pittore sanseverinate Lucio Tognacci (1774 - 1860).
L'altare a sinistra è opera dello scultore Venanzio Bigioli, morto nel 1854.

La Storia del Monastero

Clarisse a S. Severino.
Il primo nucleo si sarebbe formato nel convento di S. Salvatore in Colpersito, attuale sede dei Frati cappuccini, un primitivo luogo benedettino dato in uso al Capitolo dei Canonici di S. Severino.
Lì la prima memoria trova una "comunità di pie donne" esistente anche prima di santa Chiara, le quali seguivano probabilmente la regola benedettina.

Francesco d'Assisi, che si sa essere stato più di una volta a S. Severino, in un primo suo passaggio databile al 1212, visitò questa comunità e in tale occasione incontrò il famoso "re dei versi" incoronato poeta da Federico II, il quale si mise al suo seguito, avendo da Francesco stesso il nome di "fra Pacifico".

In altra occasione, pare nel 1221, venendo da Osimo, lasciò alle pie donne la pecorella riscattata da un pastore che la stava portando al macello.

Nel 1223 il vescovo di Camerino Attone II, (1192 - 1223) rilasciò a queste pie donne "recluse" un attestato che le ammetteva alla dipendenza dei frati minori, per l'assistenza spirituale e materiale.

In conseguenza di ciò, le "donne recluse" chiedono e accettano di osservare la regola vigente a S. Damiano d'Assisi.
La data del 1223 può essere accettata come inizio ufficiale della presenza delle clarisse in S. Severino. Questo fa del nostro monastero la prima presenza clariana nelle Marche.
Ma col passare del tempo questa comunità andò in decadenza sia per mancanza di vocazioni, sia per i danni delle guerre (lotte tra guelfi e ghibellini) e della peste del 1362, finché nel 1457-58, rimaste solo in quattro, incapaci di sostenersi e difendersi, si ritirarono presso la comunità delle terziarie regolari esistenti al Castello, presso la chiesa di S. Marco.
La comunità fu chiusa ed il luogo fu assegnato al Capitolo dei Canonici. Un secolo dopo vi si fece la prima fondazione del seminario diocesano, 1566-69 che durò poco; quindi chiesa e monastero furono acquistati dal Comune (1575) per collocarvi la comunità dei Cappuccini (1576).

Monastero delle Clarisse al Castello.
Pare che nel 1350 le terziarie della beata Angela da Foligno abbiano acquistato al Castello di S. Severino, nel quartiere di S. Marco, un luogo benedettino, con annessa una piccola chiesa.
In dieci anni l'avrebbero restaurato, costruendovi un'altra chiesa per il popolo, dedicandola all'Annunziata, e nel 1360 sarebbero venute alcune ad abitarvi; secondo la tradizione avrebbero fatto sosta presso le damianite di Colpersito e poi in corteo si sarebbero dirette al Castello.
Onofrio Smeducci nel 1380 migliorò ancora il monastero delle terziarie penitenti ed assicurò altri aiuti.
Nel 1519 le terziarie hanno finalmente la regola di santa Chiara, che da anni chiedevano di poter abbracciare.
Nel 1552 hanno la visita della beata Camilla Battista Varano, che, col pretesto di raccogliere elemosine in questa città, si trattiene a S. Severino per un anno insegnando alle terziarie la nuova forma di vita clariana e rifondando il monastero secondo lo spirito più genuino della vita delle Sorelle Povere.
Nel 1547 la comunità è tanto fiorente che si deve fissare il numero massimo di 40.
Nel 1584 addirittura tre di loro vanno a Montecassiano per fare una nuova fondazione che riescono a sistemare in quattro anni e mezzo.
Subiscono poi due soppressioni del secolo XIX: nel 1810, per legge napoleonica, restano fuori dal convento fino al 1818. Nella soppressione del governo italiano del 1861 (decreto commissario Valerio) ottengono invece di restare in convento fino ad esaurimento delle presenti, essendo stato vietato di accogliere altre novizie. Tale permanenza è possibile pagando l'affitto del monastero, ormai espropriato.
Agli inizi del 1900, quando sembra ormai avviarsi verso la fine, la comunità ha una forte ripresa con un crescendo di richieste di entrate in convento.
Purtroppo dal 1918 al 1943 si incontra un'altra dura prova: la tisi porta diverse sorelle alla morte.
Dal 1955-57 su suggerimento della S. Sede si forma la federazione dei Monasteri di clarisse di Marche e Abruzzo, comprendente 16 monasteri che si aiutano scambievolmente.
È recente (1982) la fondazione del nuovo Monastero in Argentina, a Puan, da parte di cinque Sorelle della federazione, di cui due appartenenti a questa Comunità.

Chiesa di Santa Chiara
L'attuale chiesa è del 1776 - 80 fatta su disegno dell'architetto Giuseppe Locatelli di Mogliano (1751-1828).
ù È a croce greca con piccolo atrio. Sulla facciata l'effigie di santa Chiara, disegno del Professor Wulman Ricottini di S. Severino.
La tela dell'Annunziata è del pittore sanseverinate Lucio Tognacci (1774 - 1860).
L'altare a sinistra è opera dello scultore Venanzio Bigioli, morto nel 1854.
Coro ligneo
Il Coro ligneo risalente al 1511 è ad intarsio da una parte, e ad intaglio dall'altra. Fu eseguito dagli Acciaccaferri Pierantonio, padre, e Francesco, figlio, discepoli e continuatori del famoso Domenico Indivini della seconda metà del '400 (+1502).

Icona di Maria "Silente chiostro del Verbo Incarnato"
È una classica icona della Vergine seduta sul trono col Bambino in braccio e i simboli sono i medesimi di altre icone mariane. La particolarità di questa icona sta nel “chiostro nel seno” . Si è voluto così rendere visibile ciò che un’espressione particolarissima della madre Santa Chiara esprime: “La sua bellezza ammirano il sole e la luna; i suoi premi sono di pregio e grandezza infinita. Voglio dire quel Figlio dell’Altissimo che la Vergine ha partorito senza cessare di essere vergine. Stringiti alla sua dolcissima Madre, la quale generò un Figlio tale che i cieli non potevano contenere, eppure Ella lo raccolse nel piccolo chiostro del suo santo seno e lo portò nel suo grembo verginale… A quel modo, dunque, che la Gloriosa Vergine Vergini portò Cristo materialmente nel suo grembo, tu pure, seguendo le sue orme, specialmente dell’umiltà e povertà di Lui, puoi sempre, senza alcun dubbio, portarlo spiritualmente nel tuo corpo casto e verginale. E conterrai in te Colui dal quale tu e tutte le creature sono contenute e possederai ciò che è bene più duraturo e definitivo anche a paragone di tutti gli altri possessi transeunti di questo mondo”. (Lettera terza a S. Agnese di Praga FF 2890-2893).

L’icona è “francescana” perché la Vergine ha nella mano destra il tau, segno della salvezza usato da Francesco anche per esprimere la sua minorità.
L’immacolata è, poi, patrona dell’Ordine dei minori e questo è significato dalle tre stelle sul manto di Maria.
Anche i due serafini rappresentano l’Ordine Serafico.
Uno dei due ha l’Eucaristia nelle mani, segno che rimanda alla devozione particolarissima di Chiara per questo grande Mistero.

Dalla Bolla (STUDIA PICENA 1999-2000 CURATA DAL PROF. G. BORRI - PP. 40-41)

Il Vescovo di Camerino, Rainaldo, conferma alle monache di San Salvatore de Plebenatu di San Severino, la concessione rilasciata dal suo predecessore Attone.

Nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, Amen. Nell'anno del Signore 1224, nella XIII Indizione, al tempo del signor Papa Onorio III, al finire dell'anno IX nell'ottavo giorno del mese di dicembre. Io, dunque Rainaldo, vescovo di Camerino per divina grazia, ritenendo essere conveniente dare il nostro assenso a te frate Paolo per le tue giuste richieste, nel ricordo vivo di Attone aderendo ai passi del nostro predecessore nel presente confermiamo e rafforziamo a loro difesa la promessa, la donazione e la concessione che lo stesso Attone a te rivolese in favore della Chiesa di S. Salvatore de Plebenatu di S. Severino e delle donne a Dio consacrate residenti nello stesso luogo, per una maggiore chiarezza di ciò abbiamo riportato da annotare il seguito del documento circa ciò a te concesso dal detto Attone predecessore nostro e anche scritto parola per parola da Pietro giudice e notaio con decreto di questo tipo, che è ciò che segue…

Dalla Bolla 1223 giugno 16, Camerino Nel nome del Signore, amen.

Nell'anno del Signore 1223, nell'XI Indizione, il 16 giugno, al tempo di Federico Imperatore, fu fatto questo a Camerino, nel palazzo del Signor Vescovo, alla presenza di fra Martino e di fra Giacomo e di fra Ambrogio, in qualità di testimoni su ciò. Io, dunque, Attone, Vescovo di Camerino, prometto a te, fra Paolo, quale ricevente per la Chiesa di S. Salvatore della Pieve di S. Severino e per le donne a Dio consacrate che stanno nella detta chiesa, che, fintantoché le dette donne rimarranno nella povertà di oggi e nel medesimo Ordine non esigerò e non riceverà nulla di temporale da loro e dalla detta Chiesa, e tutte le esazioni temporali che mi sarebbero dovute da loro e dalla detta chiesa e dalle donne che vi dimorano, le rassegno e rimetto a te per le donne stesse, fintantoché rimarranno come detto.
Ugualmente do e concedo alle medesime donne facoltà di avere visitatori e correttori dell'Ordine dei Frati Minori, quelli cioè che frate Francesco o i suoi successori o il Capitolo dei Frati avranno stabilito e ordinato per l'ufficio della Visita e della correzione delle suddette donne; in modo tale, però, che se gli stessi frati stabiliti per questo compito trascureranno di visitarle e di correggerle o se le donne medesime disprezzeranno (nel senso di "non faranno conto") della visita di costoro, come se neppure fossero stati a ciò costituiti, mi riservo sulle medesime donne la potestà di visitarle e correggerle.
Ugualmente, fintantoché le dette donne rimarranno nell'Ordine e nella povertà in cui sono oggi, concedo loro il permesso di avere il mulino (o "tenere" il mulino, nel senso di "tenersi") che hanno attualmente e di acquistare e di tenere una vigna di grandezza tale che da essa possano ricavare ed avere 50 some di vino.
In tutte le altre cose, eccetto queste nominate, mi riservo ogni diritto episcopale e lo stesso diritto voglio che rimanga salvo e intatto in tutte le altre cose spirituali.
Nel giorno predetto, alla presenza di fra Martino già nominato e di Offreduccio Peterole (PETEROLE), assenso ed approvò tutte queste cose.
Io, Pietro, notaio e giudice ordinario, ho preso parte a tutte queste cose e, come sopra si legge, di ciò richiesto ho scritto. La chiesa delle Clarisse (arch. Debora Bravi) La chiesa delle Clarisse, oggi dedicata a Santa Chiara, anticamente intitolata a Santa Maria Annunziata delle "monache povere" risale al XIV sec, quando furono gli Smeducci a finanziarne la costruzione per le terziarie di San Francesco che già dimoravano nell'attiguo convento. Al XVI sec. risale il loro obbligo di clausura con la regola delle Clarisse. L'attuale tempietto a forma di croce greca, realizzato all'inizio dell'800 su disegno dell'architetto Giuseppe Locatelli da Mogliano, conserva al suo interno un prezioso coro ligneo del '500 ornato di tarsie e di intagli eseguito per metà da M° Giovanni di Piergiacomo valente discepolo del maestro Domenico Indivini e per l'altra metà da Sebastiano di Giovanni da Appennino e Piergentile di M° Paolo.

Il coro, diviso in due parti dal portale d'ingresso , ciascuna di lunghezza 7,5 m. ca. ed altezza 2,5 m., è costituito da dodici stalli per lato, disposti su due ordini entrambi in legno di noce. Sporge alla sommità una trabeazione, con fregio intagliato per una parte ed intarsiato per l'altra, sostenuto da mensole lignee a doppie volute su lesene scanalate, provviste di capitello corinzio per una sola parte, che poggiano sui braccioli delle singole sedute, anch'essi a doppie volute ed intagliati con ramoscelli e fiori, a separare le preziose specchiature intarsiate delle spalliere. Nei postergali i disegni riecheggiano i cartoni del maestro Indivini: "Augelli, putti, mascheroncini, fiori, frutta, vasi, figure fantastiche ed ippogrifi con bizzarria sparsi" sono i motivi degli intarsi, mentre sulla seconda spalliera a destra dell'ingresso domina la rappresentazione di S.Caterina, avente la corona e sulla mano sinistra il sacro libro mentre la destra è poggiata sulla ruota strumento del suo martirio. Si attribuisce che la parte più ricca d'intaglio a M° Giovanni di Piergiacomo che si ricorda fra le sue opere i cori di S.Ruffino in Assisi, dell'Annunziata e di S.Francesco in Osimo, e la collaborazione con il maestro D.Indivini al coro della basilica superiore di Assisi.

arch. Debora Bravi