1) Il significato di Universo nella filosofia:
(Universo = volto in una unica direzione)
Il tema dell’universalità è presente già nella filosofia occidentale greca, ed e' collegato direttamente
con il problema dell’arche', cioè dell’origine unica di tutte le cose.
Nei filosofi presocratici il problema delle origini viene affrontato prevalentemente da un punto di vista naturalistico, come ad
esempio in Talete che identifica nell’acqua tale principio primo; tuttavia già in Anassimandro,
seguace di Talete e suo successore a capo della scuola ionica, si denota un carattere trascendente di
questo principio primo che egli identifica con l' "aperion" cioè l’indefinito che è immortale ed
indistruttibile.
Da questo àperion proviene la realtà dell’universo sensibile tramite il distacco dei contrari, cioè di
enti in contrapposizione tra di loro, distacco che genera la lotta e l’ingiustizia.
Il destino del mondo non può essere quindi che un annullamento dei contrari che sono destinati a fondersi in un Tutto
unico per ricostituire l’aperion originale.
Un aspetto sorprendente in questa cosmologia di Anassimandro proviene dal fatto che egli in queste
coppie di contrari identifica una coppia primordiale costituita dal caldo-freddo (cioè in termini
moderni dalla espansione-condensazione) come l’origine della creazione dell’universo.
In forme diverse questo principio è presente nella moderna teoria del Big Bang in cui l’esplosione ha causato
l’espansione e la condensazione che ha originato gli atomi e le molecole dando origine alle stelle, ai
pianeti ed alla vita sulla terra.
Questo processo di ricomposizione dei contrari in un ente unico ed
indefinito, riguarda tutta la realtà esistente e quindi costituisce l’universo, cioè la totalità rivolta
all’uno.
Ma il tema dell’universo, cioè dell’uno e del molteplice, che ha avuto la sua origine all’interno della
speculazione naturalistica si proietta prepotentemente nella speculazione filosofica soprattutto
nell’ambito dell’idealismo platonico.
Il primo salto qualitativo e quantitativo che porterà verso l’idealismo e la contrapposizione tra
materia e spirito è stato determinato da Pitagora e dalla sua scuola .
Aristotele descrive i pitagorici come coloro che “ credevano di scorgere nei numeri, più che nel fuoco o nella terra o nell’acqua,
un gran numero di somiglianze con le cose che esistono e che si sono generate” e questo
soprattutto in relazione con la musica e l’armonia che resterà un punto fondamentale della loro
filosofia.
In Pitagora quindi, attraverso i numeri, si compie un vero e proprio processo sistematico di
astrazione dalla materia per fondare una disciplina esclusivamente di tipo intellettuale e mentale
che permette di interpretare le cose materiali e sensibili.
Questa rappresentazione intellettuale che
rappresenta l’elemento unificatore del molteplice materiale e spirituale, viene quindi individuata
come la vera arché, cioè con il vero principio di tutte le cose.
E' a questo punto quindi che si verifica una vera e propria inversione logica affermando che la costruzione matematica, e quindi
l’idea immortale costituisce la vera essenza delle cose mentre la realtà materiale è soltanto una rappresentazione imperfetta della realtà spirituale.
L’idea quindi rappresenta il culmine del processo di ricomposizione del molteplice verso l’uno, ed è
una diretta conseguenza di una visione universale del reale.
La visione universale della realtà porta direttamente all’affermazione dell’unicità di Dio come
affermato da Senofane, unicità di Dio che Parmenide, cioè il maggiore rappresentante della scuola
eleatica, trasla nella unicità dell’essere.
Nasce quindi a questo punto il vero e proprio idealismo come dottrina a priori indipendente da
qualsiasi riscontro sperimentale e che vedrà con Platone il maggiore esponente; idealismo che si è
trascinato sino ad oggi in forme sostanzialmente analoghe.
2) L’idealismo e la divisione res cogitans - res extensa
Il dualismo cartesiano segna l’inizio dell’era moderna che dopo l’umanesimo ed il rinascimento
artistico vede la nascita della conoscenza scientifica fondata esclusivamente su base empirica
anche se strutturata in termini logico-matematici acquisiti attraverso procedimenti mentali
elaborati nelle esperienze dei precedenti filosofi.
Cartesio insieme a Galileo e Newton costituiscono i pilastri fondamentali su cui sarà basata questa nuova
conoscenza che trae origine dalla materia ed è ad essa rivolta.
La filosofia di Cartesio nasce in contrapposizione con la filosofia scolastica che costituiva il
fondamento delle scuole e delle varie universitas ma che rimaneva insoddisfacente di fronte alle
nuove esigenze scaturite dall’umanesimo e dal rinascimento.
Cartesio si propone di rimettere in discussione tutta la conoscenza filosofica precedente
ponendo come punto di partenza della sua ricerca il dubbio.
Cioè egli rifiuta una accettazione
passiva di una verità dogmatica per rivendicare il diritto individuale al dubbio cioè a rimettere
sempre in discussione, sulla base della ragione, le conoscenza acquisite.
Ma il dubbio di Cartesio non è un dubbio scettico, cioè distruttivo, ma un dubbio costruttivo perché finalizzato ad una
migliore comprensione dei fenomeni.
Infatti, per dissipare questo dubbio egli individua un metodo che costituisce la base filosofica
della scienza moderna che ha in Galileo, suo contemporaneo, il primo interprete e fondatore.
I quattro punti di questo metodo sono :
1) L’evidenza,
2) l’analisi,
3) la sintesi e
4) l’enumerazione :
essi rappresentano i quattro pilastri su cui si basa il riduzionismo metodologico
che costituisce il metodo scientifico moderno e che costituisce la vera e propria rivoluzione
scientifica.
Se consideriamo il primo punto, cioè l’evidenza ( da ex – video) risulta chiaro che l’attenzione
di Cartesio è rivolta alla realtà materiale, cioè a ciò che si può vedere e quindi sperimentare con i
sensi, la sua filosofia quindi non parte dalla metafisica, o da Dio, come quella scolastica, ma
esclusivamente dall’esperienza che va studiata attraverso l’analisi, che costituisce il secondo
punto.
È questa forse la maggiore innovazione di Cartesio rispetto ai naturalisti greci, cioè
dividere il problema in parti da esaminare separatamente in modo da individuarne le
caratteristiche peculiari attribuibili alle componenti del sistema che si sta esaminando.
Solo la
riduzione di un problema generale e complesso agli elementi costituenti permette di acquisire la
conoscenza dell’insieme dalla conoscenza delle parti. Conoscenza particolare tuttavia che va
ricomposta nella determinazione dell’insieme attraverso il processo di sintesi che permette la
conoscenza dell’intero attraverso la correlazione dei suoi elementi. Ed infine, il quarto punto che
costituisce l'enumerazione, da la possibilità di confrontare la conoscenza acquisita con la realtà e
la molteplicità esistente e quindi costituisce il vero e proprio processo di verificazione della
conoscenza acquisita.
Il metodo cartesiano è il procedimento che si adotta in ogni teoria scientifica che parte
dall’osservazione sperimentale dei fenomeni, dalla loro definizione attraverso la separazione degli
elementi causali intrinseci da quelle che vengono dette condizioni al contorno, dalla sintesi delle
deduzioni nella ricomposizione del fenomeno ed infine dal confronto delle predizioni della teoria
con altri fenomeni analoghi e similari al fine di assicurarne la trasferibilità e la generalità di legge
naturale.
La filosofia cartesiana quindi è orientata ad una forte rivalutazione del materiale rispetto allo
spirituale ma la sua analisi lo porta a sancire una profonda divisione della realtà in due entità
distinte, cioè res cogitans e res extensa che egli non ha saputo riconciliare in un ente unico.
Partendo dalla res cogitans “ cogito ergo sum” riesce a dimostrare la sua esistenza come ente
pensante ma non l’esistenza del mondo materiale che quindi rimane come cosa distinta dall’essere
pensante instaurando così un dualismo che è ancora presente nei nostri giorni.
3 Razionalismo, materialismo, idealismo e religione
Il razionalismo cartesiano apre quindi la strada a quello che sarà l’illuminismo che sfocerà
successivamente nel materialismo ottocentesco.
La scissione quindi tra res cogitans e res extensa
porterà progressivamente alla scissione tra cultura scientifica , su base materialistica e cultura
umanistica su base filosofico-teologica.
Il metodo scientifico-sperimentale, darà la possibilità di sviluppare enormemente le conoscenze
fino a lambire temi fondamentali per la natura umana, quali l’origine della vita e darà
l’impressione di rappresentare l’unica strada per la conoscenza.
Parallelamente la filosofia e la
teologia saranno impegnate, con le loro metodiche, ad occuparsi delle questioni di senso e di
significato della realtà circostante.
Questa scissione schizofrenica è consolidata dal tacito accordo su cui si articolano le due
branche del sapere: la scienza per sua natura è incapace di indagare gli aspetti relativi allo spirito e
all’anima, essendo essi enti immateriali e quindi non sottomessi alle leggi della natura, mentre la
filosofia e la teologia concedono il primato alle scienze naturali nell’indagine dei fenomeni
riguardanti la materia.
Gli echi di questa divisione si trovano anche nelle parole di Benedetto XVI
che fa spesso riferimento ad una ragione scientifica e ad una ragione filosofica.
Ma questa dicotomia che si spinge sino all’intimo delle coscienze e negli anfratti della ragione
provoca sovente nell’individuo incapace di conciliarle una sopraffazione di una parte rispetto
all’altra per cui si ha da un lato un passaggio al materialismo ed all’ateismo e dall’altro una
accettazione acritica dell’idealismo e del fondamentalismo religioso.
Ed è in questo campo che viene messo in crisi l’universalismo che in prima istanza, esige una
ricomposizione all’uno della materia e dello spirito.
Mancando questa ricomposizione fondamentale ed accettando come inevitabile una lacerazione
che si spinge sino all’interno dei singoli individui, prende forma in termini più o meno definiti il
relativismo moderno che presenta come unica verità la mancanza di una verità unica.
Si prefigura quindi un mondo in cui la convinzione della mancanza di una verità unica porta
progressivamente a subordinare il bene comune alle esigenze individuali e particolari, dettate da
situazioni contingenti e limitate al solo aspetto materiale della natura umana.
E' chiaro che in questo quadro di riferimento la morale, l’etica, la religione e persino gli ideali
perdono qualsiasi significato e quando vengono evocati assumono esclusivamente un valore
strumentale.
A questa visione materialista del mondo, che alcuni chiamano scientista si oppone,
una visione idealista, dogmatica e spesso fondamentalista in cui l’etica e la religione fanno a
meno della ragione per basarsi esclusivamente su una lettura integrale dei testi sacri e sulla
tradizione culturale di gruppi o di nazioni più o meno grandi.
Anche in questo caso l’universalismo cede il passo al particolarismo ed anche le religioni
monoteistiche sono spesso portate a contrapporre il loro Dio al Dio degli altri sotto la spinta delle
esigenze e del conflitto di interessi senza nessun riguardo per il bene comune dell’umanità e per il
futuro del pianeta.
4 Universalismo e pluralismo
L’equivoco frequente che contrappone l’universalismo con il pluralismo è generato dalla
confusione tra la ricerca della verità ,che come vedremo deve essere unica, con le varie
manifestazioni della verità, che a volte possono sembrare anche contrastanti.
Il pluralismo attiene non alla presenza di molte verità svincolate o contrastanti tra di loro ma al
metodo che utilizziamo per accedere alla verità, cioè al fatto di accettare i contributi e gli sforzi
dei singoli individui o delle singole componenti per giungere ad una sempre migliore definizione
ed interpretazione della verità sulla base della ragione.
Il pluralismo quindi si oppone al
dogmatismo e non all’universalismo e sia il pluralismo che l’universalismo per essere tali debbono
necessariamente essere fondati sulla ragione che rimane l’unico comune denominatore (a livello
intellettivo) della specie umana.
Accettare quindi il pluralismo come metodo principale per giungere alla conoscenza di una
verità universale, significa prendere coscienza che il cammino verso la verità implica un vero e
proprio processo evolutivo sia dei corpi che delle menti in cui ciascun individuo è chiamato a
partecipare alla scoperta ed alla trasmissione dei vari aspetti della verità che saranno composti
nella verità universale attraverso un processo razionale di confronto e di progressivo
approfondimento.
Una verità dogmatica è una verità che scende dall’alto e che quindi come tale va
accettata o rifiutata, una ricerca induttivo-deduttiva ci permettere di accedere alla verità dal basso
attraverso un continuo processo di approfondimento e di perfezionamento.
Accettare il pluralismo
non significa supporre come vera qualunque affermazione venga espressa da qualsiasi individuo,
ma soltanto non classificarla come pregiudizialmente erronea od indegna; consapevoli che una
accettazione universale della verità o di un suo aspetto presuppone un severo giudizio della
ragione che ne vagli la coerenza interna nei suoi risvolti ed una coerenza esterna con il mondo che
ci circonda, cioè una sua effettiva oggettività.
Anche la scienza ricerca una verità unica ma accetta di mettere in discussione anche i postulati
ed i presupposti che molte volte si mettono alla base delle teorie scientifiche come verità non
dimostrate e che si giustificano in quanto capaci di fornire un quadro razionale anche se parziale,
capace di spiegare un certo numero di fenomeni naturali.
Ma fino a che punto questo pluralismo è conciliabile con una religione rivelata come il cristianesimo?
E' chiaro che se una religione è basata sulla rivelazione di Dio attraverso il suo
figlio, questa verità non ammette nessuna discussione e nessun pluralismo, nel senso da noi
precedentemente citato.
Una religione rivelata deve essere quindi una religione per sua natura di
tipo dogmatico senza nessuna deroga e senza nessuna giustificazione di tipo razionale,
sembrerebbe quindi che si ripresenti l’invalicabile contrasto tra scienza e religione, o tra spirito e
materia.
La risposta a questa domanda verrà data, come vedremo, dalla teoria evoluzionistica
teilhardiana che va oltre la formulazione fornita da Darwin per l’evoluzione biologica per
spingersi verso una vera e propria teoria di tipo universale.
La teoria di Teilhard si colloca profondamente all’interno della ortodossia della religione
cristiana che si è caratterizzata come dottrina universale sia perché si è proposta, come altre
religioni, di dare una risposta alle domande sull’origine del mondo e della vita, sia perché si è
rivolta da sempre a tutti gli uomini di tutti i popoli e non ad un solo popolo o ad una sola nazione.