VITTORE CRIVELLI

(Venezia, 1440 circa - Fermo, 1502 circa)

POLITTICO di S.Severino

 

 

 


1) Madonna col Bambino e i SS. 2) Severino 3) Giovanni Battista 4) Francesco 5) Ludovico nell'ordine superiore: 6) Pietà fra la 7) Vergine Addolorata e 8) S. Giovanni e (a mezzo busto) i SS. 9) Maria Maddalena 10) Girolamo, 11) Bernardino e 12) Caterina d'Alessandria; nella predella 13) S. Agata, 14) S. Chiara, 15) S. Stefano, 16) S. Cecilia,17) S. Lucia, 18) S. Bonaventura, 19) Ultima Cena, 20) S. Antonio, 21) S. Elena, 22) S. Barbara, 23) S. Lorenzo, 24) S. Orsola, 25) S. Brigida

tempera su tavola, cm. 381 x 253 comprensivi (compresi i pinnacoli)
polittico S. Severino Marche, Pinacoteca Comunale

Il Polittico si trovava nella chiesa di S. Maria delle Grazie (l’attuale santuario di S. Pacifico), fino al 1896.
È uno dei polittici più fastosi, grazie anche alla ricca cornice gotica, svettante con snelli pinnacoli e sottili trafori, di cui il Testi (1915) sottolineò la derivazione muranese, riferendosi all’ancona vivarinesca della Pinacoteca di Bologna, di cui questa riproduce anche i mezzi busti di profeti che, alla sommità di quattro tabernacoli, si rivolgono verso l’Eterno, benedicente da quello centrale; l’Aleandri (1897) raffrontò questa cornice con quella del polittico di Lorenzo d’Alessandro in S. Francesco a Serrapetrona ed in entrambe suppose la mano dell’intagliatore sanseverinate Domenico Indivini.
Già considerato di Ludovico Urbani, pittore nativo di Sanseverino, fu riconosciuto a Vittore dal Cantalamessa, dal Rushforth, dal Bernardini; suscitò l’ammirazione del Geiger, del Testi, del Serra e del Drey, mentre A. Venturi rilevò come anche qui «gli originali - di Carlo - si siano impoveriti».
Raul Paciaroni (1987) ha rinvenuto un’istanza con cui i frati Minori Osservanti del convento di S. Maria delle Grazie chiedevano al Consiglio di Credenza, riunitosi il 7 aprile 1481, la restituzione di una somma di denaro prestata al Comune anni prima, in occasione dell’assedio di Città di Castello, per poter pagare il pittore che aveva dipinto l’ancona del convento: è credibile che tale documento si riferisca a quest’opera.
A tale periodo rinvia anche l’affinità stilistica col polittico Wilstach, per i tratti delicati della Vergine, per il giovanile incarnato del S. Ludovico e i suoi paramenti sontuosi, per l’impostazione aggettante della "Pietà" e la figura di S. Bernardino.
Nello scomparto centrale l’espressione della Vergine e del Bimbo, assorti in tristi presagi, trova riscontro nella valenza simbolica della mela, che rinvia al peccato originale, del garofano rosso, simbolo dell’amore nuziale e quindi della Chiesa sposa di Cristo, del cetriolo che simboleggia la Resurrezione; la rosa chiusa allude alla verginità e la rosa aperta alla maternità di Maria, il vaso di vetro con l’acqua limpida alla sua purezza.
I volti dei due angeli a sinistra acquistano un’arguta vivezza nel confronto con il mistico raccoglimento di quello a fronte.
S. Severino, patrono della città, ne regge sulle mani un modello, che è quasi identico a quelli che più tardi Vittore dipinse in mano a
S. Elpidio e a S. Martino nei corrispondenti polittici e quindi sembra essere la rappresentazione generica di un centro fortificato del tempo con le torri, le chiese, le solide mura merlate, nel centro delle quali si apre la porta del paese.
Nell’ordine superiore la "Pietà" è affine, nell’impianto, a quella del polittico Wilstach: Vittore si sforza di conferire un tono cupo al dolore della Vergine e di S. Giovanni anche mediante il colore scuro dei panneggi, ma non riesce mai ad elevarsi alla potenza drammatica di Carlo, le cui figure sono delineate con ben altro vigore plastico e donatelliana energia della linea; le sue "Pietà" vivono di un’atmosfera elegiaca più che tragica.
Nella predella, le figure delle sante, variate dalla diversità degli attributi, sono rese piacevoli dall’intensità cromatica; dei quattro santini a figura intera nelle edicole sporgenti, S. Antonio appare piuttosto compresso nell’esiguità dello spazio.
Nel rettangolo centrale è raffigurata l’Ultima Cena. L’abilità decorativa di Vittore si esplica in ogni particolare delle mitre, delle aureole, dei pastorali, delle fibbie, dei bordi dei manti, rilevati in stucco. Le condizioni di conservazione del dipinto, ravvivato nella cromia da un restauro, sono eccellenti.

Sandra Di Provvido

Vittore Crivelli (Biografia)
Fu probabilmente il fratello minore del più celebre Carlo, il cui stile imitò assai da vicino pur ricordando a volte anche suggerimenti dei Vivarini, in particolare di Bartolomeo. Una prima attività in Dalmazia è testimoniata da tre documenti (1465, 1469, 1470) che lo dicono attivo a Zara, mentre nel 1481 è già nelle Marche, evidentemente al seguito di Carlo. Per diverse chiese della regione elabora sontuosi polittici racchiusi in elaborate cornici di gusto ancora gotico, dove figure dalla grazia impassibile e manierata galleggiano in un'aura d'oro, impreziosita dalla resa sfavillante di broccati, armature, oreficerie. Una serie di opere datate consente di seguirne il percorso per un ventennio fino all'ultima commissione per un polittico a Osimo, nel 1501, lasciato incompiuto.