Un uomo che «ha scaglie di creta» sulle mani, che ha «udito urla e
bestemmie di avvinazzati muratori», fra «intrichi di travi» e «
aspro odor di calcina»; un poeta che in «angoscia reclusa »
avverte «il grido del male » che «gli rugge dentro», ecco Settimio
Cambio, uomo e poeta.
Se è vero, come è vero, che la poesia ha le sue misteriose
scaturigini dagli impulsi e dai moti del cuore e, come diceva De
Musset, attraverso le vie del cuore coglie il suo folgorante
miracolo, Settimio Cambio può definirsi realmente il «poeta del
cuore». Quasi tutte le sue poesie hanno infatti riferimenti
diretti o indiretti col « cuore », punto di partenza e di arrivo,
sorgente e foce di aspirazioni e di aneliti, di risentimenti e di
amarezze, di nostalgie e di speranze.
Venuto da pochi anni vittoriosamente alla poesia ( la sua raccolta
è stata segnalata al premio « Estate pesarese ) in seguito ad una
grave sciagura familiare che lo privava prima dell'affetto della
sua compagna di vita e di amore, e poi di quello, più tenero e
forte, della figlia, il Cambio in questa sobria e concisa «plaquette
» poetica mette tutto il suo impegno per chiarire a se stesso ed
agli altri il «tormento» del suo cuore, tormento che con le
sue vibranti accensioni e con le sue pause riposanti da a tutto il
libro un sapore caldo di umanità ed un aspetto particolare di
storia sentimentale.
Ma non è sempre il «cuore smemorato» che « s'apre al riso come un
girasole» o che « oscilla ad ogni fiato di cielo», a creare il
motivo lirico. Talvolta è il « cuore malnato » ( che sente tutto
il peso dello spasimo terreno, come il « contorto uliveto »
avvolto dai viluppi delle nebbie) a produrre il lievito della
poesia.
Il Cambio però, cresciuto a contatto con la Natura selvaggia e
pittorescamente amena della sua San Severino Marche, dove è nato e
vive, non poteva non trasferire il suo dissidio interiore sullo
sfondo circoscritto del suo solare paesaggio, dove le colline sono
sempre verdi e dove l'azzurro del cielo filtra da tutte le partì
come una benedizione. Non poteva restare insensibile alla divina
bellezza del Creatore. Ma la natura non è che un termine di
confronto per misurare la densità del suo stato d'animo ; è un
pretesto per trarre «analogie » e sottintesi rapporti spirituali
con la propria anima, non viene quindi celebrata « paganamente» in
senso classico, ma vissuta religiosamente in senso « romantico
Dolce riva
dove il mio
andare ostinato sì frange,
travolto
da questa vita,
di cui
solo gli affanni
ricordo :
Oh, mi consoli
un'eco
del tuo canto
eterno .... |
Senza dubbio, l'avventura poetica di Settimio Cambio si dibatte in
una struggente bodeleriana alternativa, nella quale sembrano
mescolarsi due sentimenti opposti e contrastanti : uno - direi -
di francescana candida umiltà ed un altro di ribellione e di
risentimento, quasi jacoponico. Sono il miele ed il fiele raccolti
dal poeta lungo il fiume dell'esistenza ; sono la luce e le
tenebre di cui è intriso il mondo, ed a prima vista sembrano quasi
inconciliabili, anche se spesso, invece, si conciliano nella Fede,
che schiude al poeta oasi di serenante calma e di limpide
beatitudini.
Tuttavia nel mondo or cupo e or trasparente di questo poeta
permane l'atteggiamento romantico di «immergere» il dolore nel
«fluire delle acque » o nel « tremolare d'ombre » e vi permane
come motivo di ebbrezza lirica, come ricerca di oblìo, come
tramite per una colorata evasione
Ed è proprio questo atteggiamento spirituale ( di cui si
ammalarono anche i « crepuscolari») a far cadere il Cambio in
qualche facile abbandono. Ma è tutt'altro che «debolezza creativa
».
Semmai si può parlare di
«debolezza sentimentale », di una esuberanza di sentimento che non
trova sempre la sua condensata essenzialità, ma mai di carenza
poetica, perché in più pagine il discorso lirico è sostenuto da un
polso robusto e virile e più volte si risolve, con semplicità e
chiarezza, e senza ricorso a compiacenze letterarie, in un forte
chiaroscuro.
Si consideri poi che il Cambio è un autodidatta nel senso più
reale della parola e come autodidatta, venuto dalla grande scuola
della vita, va visto e giudicato questo suo primo felice esordio.
Ignaro dei misteri dell'arte come gli antichi aedi greci che
arrivavano all'arte con la sola forza dell' ispirazione ; Egli,
per sua fortuna, non ha chiesto nulla in prestito ai poeti che
giocano «enigmisticamente » con i sentimenti per porgerli a guisa
di preziose sciarade o di stupefacenti liquori inebrianti. Non ha
l'ambizione di captare la « sorcellerie» della parola attraverso
un calcolo alchimistico e cerebrale. In poche parole, rifugge per
istinto dalla poesia «aulica» o «culta» del contemporaneo
gongorismo decadente.
La sua elementare forma espressiva che si snoda con castità
d'accenti e senza presupposti, si definisce efficacemente nella
sua leggiadra linearità ed è per se stessa moderna. Moderna nel
suo timbro, nella immagine, nella sua naturale dimensione.
E quel suo colloquio con il mondo, con la natura, con Dio,
(colloquio che in più versi lo infiamma e lo addolcisce) se appare
sciolto da preoccupazioni stilistiche, è pur vivo e sincero, in
quanto in sostanza esso non è che un prepotente bisogno di
umanità, un sentimento di ribellione e di sfida alla inerte e
piatta realtà «dove ogni giorno affonda».
Ma dolce è il
volontario
esilio, che di ora in
ora
si muta in armonia di
vita. |
Ma la realtà si può vincere assaporando la dolcezza del
«volontario esilio » per un desiderio più alto: quello di
armonizzare la propria vita sentimentale e spirituale con quella
cui si è condannati a vivere. Ed ecco allora che al poeta, dopo
essersi confessato attraverso la luce della memoria e dopo aver
migrato come un «pastore » fra le sue solitudini, non resta
che genuflettersi davanti al volere del Padre ed al Padre invocare
la discesa d'un angelo purificatore :
Ecco le mie mani
in croce:
mandami un
angelo
perché le faccia
monde. |
Invocazione del cristiano, ma soprattutto invocazione di un poeta,
il quale anche quando sente che il dolore gli aggruma il sangue,
trova sempre il palpito illuminante della poesia per cantare e per
consolare gli uomini, suoi fratelli.
Mario Gorini |