Lorenzo e Jacopo SALIMBENI e la civiltà tardogotica

Agli inizi del Quattrocento si sviluppò a San Severino Marche una importante scuola di pittura di cui Lorenzo e Jacopo Salimbeni furono i fondatori e, come il più noto Gentile da Fabriano, protagonisti del Gotico Cortese o Internazionale, movimento figurativo anticipatore del Rinascimento. Affascina l'originalità della loro produzione artistica non solo per le novità stilistiche e tecniche usate - come il "monocromo" verde e seppia - ma anche per la divertita ironia nell'affrontare temi propri della cultura pittorica del primo Quattrocento, rappresentando scene di drammatico realismo e particolari di comica, talvolta grottesca, quotidianità. La città in cui nacquero ospita nelle sale di Palazzo Manuzzini, sede della Pinacoteca comunale, preziose testimonianze di questi raffinati interpreti del gusto tardogotico. Di particolare rilievo lo Sposalizio mistico di santa Caterina e le Storie di san Giovanni evangelista. I recenti lavori di restauro permettono di riscoprire i festosi cromatismi delle opere dei fratelli Salimbeni nei luoghi dove sono custodite da secoli. La Basilica di San Lorenzo in Doliolo conserva nella cripta il ciclo pittorico delle Storie di sant'Andrea, nella sagrestia una Crocifissione e santi e lunette monocrome. Il percorso continua con il piccolo scrigno dell'Oratorio di Santa Maria della Misericordia e con la Chiesa di San Domenico la cui torre campanaria restituisce al visitatore un suggestivo ciclo di affreschi della fine del Trecento. Altro segno dell'arte salimbeniana sono gli affreschi votivi nell'antichissima Chiesa di Santa Maria della Pieve, situata nell'area archeologica della romana Septempeda.

A QUATTRO MANI Lorenzo Salimbeni, 'Sposalizio di Santa Caterina d'Alessandria fra San Simone e San Taddeo' (Particolare).

Lorenzo e Jacopo Salimbeni erano finora confusi tra loro: ecco un problema per la storia dell'arte, come lo è del resto la pittura marchigiana attorno all'anno 1400. La bella mostra curata da Vittorio Sgarbi propone la distinzione di mano fra i due artisti.

Partiamo dal bellissimo trittico firmato da Lorenzo Salimbeni 'nelli mei anni XXVI io Lorenzo feci questo lavoro': sul recto lo Sposalizio di Santa Caterina d'Alessandria fra San Simone e San Taddeo, sul verso San Luca allo scrittoio e una Pietà. Ebbene, questo pezzo precocissimo mostra sulla faccia anteriore evidenti elementi lombardi, mentre sul retro lo stile è diverso, sincopato, espressivo, da far pensare a un pittore attento alla cultura bolognese della seconda metà del '300.

Due mani nella stessa bottega? La firma 'Lorenzo', il maggiore dei fratelli, lo fa credere. Per capire meglio bisogna vedere gli affreschi della chiesa di Santa Maria della Misericordia, centro di Lorenzo e di cultura lombarda, e confrontarli con gli affreschi della collegiata di San Ginesio dove, a fronte di una lombarda lunetta con Madonna col Bambino e santi, che sarà di Lorenzo, le Storie di San Biagio mostrano accenti espressivi vivacissimi, legati alla cultura bolognese, dunque assegnabili in gran parte a Jacopo.

Lorenzo e Jacopo operano insieme, sotto il segno di un solo nome ma con diversa cultura. Che si denota chiaramente negli affreschi conservati un tempo nella cappella campanaria del Duomo vecchio di San Severino, dove prevale la mano di Jacopo, e ancora più negli affreschi con Storie di Sant'Andrea (1406-10) di San Lorenzo in Doliolov dove si colgono anche nessi con Avanzo, il 'bolognese' attivo a Verona, o con le miniature del veronese Altichiero.

Dunque le Marche come crocevia dell'arte gotica a Bologna dopo Vitale, della pittura veronese, della grande officina lombarda, proprio negli anni in cui si forma l'esperienza, internazionale, di Gentile da Fabriano.