Riassumendo e sintetizzando quanto sopra esposto possiamo affermare che:
1) Le molecole di CO2 presenti in atmosfera assorbono completamente la radiazione infrarossa emessa
dalla superficie terrestre nella zona compresa tra 550 e 750 cm-1 e che quindi un ulteriore aumento della concentrazione
di CO2 non comporta nessun ulteriore aumento di energia assorbita.
2) L’energia assorbita dalle molecole di CO2 e di H2O che si trovano negli strati bassi dell’atmosfera
è immediatamente trasformata in energia termica attraverso i processi di decadimento non radiativi e distribuita
alle altre molecole che compongono l’atmosfera, cioè principalmente Azoto ed Ossigeno che entrano in equilibrio
termico con le molecole di CO2 e di H2O.
3) L’emissione radiativa che si osserva al limite della tropopausa è costituita dalla emissione del corpo
nero alla temperatura di 213 K più l’emissione radiativa delle molecole di acqua alla temperatura di 286 K
che è la temperatura media della superficie terrestre. Questa emissione è dovuta al fatto che le molecole di H2O,
essendo le più leggere possono raggiungere gli strati più alti dell’atmosfera dove, essendo la rarefazione molto maggiore,
i processi di emissione radiativa entrano in competizione con i processi di decadimento non radiativo.
4) La correlazione osservata tra l’aumento della concentrazione di CO2, l’aumento della emissione
di corpo nero OLR (Outgoing Longwave Radiation 2W/m2)) e l’aumento della temperatura terrestre (0,7 °C)
che è stato interpretato come prova diretta della responsabilità della Anidride Carbonica nel determinare i
cambiamenti climatici è dovuta semplicemente al fatto che la crescita della CO2 è un indice dell’enorme aumento
di energia avvenuto nel XX° secolo derivato sostanzialmente da giacimenti fossili e non la causa del riscaldamento globale.
5) La presenza della CO2 nella atmosfera non solo non è dannosa ma è necessaria per mantenere la vita
sul nostro pianeta e che attraverso la fotosintesi può essere trasformata in energia chimica da utilizzare immediatamente
per soddisfare le esigenze di una popolazione sempre in aumento o per immagazzinare per le future generazioni.
Il problema del riscaldamento terrestre quindi assume un aspetto molto diverso: non si tratta di cercare forme
alternative di energia (energia pulita cioè senza CO2) con l’illusione di poter proseguire questa corsa sfrenata
all’aumento del PIL attraverso il consumismo e lo sfruttamento delle risorse ma nel prendere coscienza che
è necessario un uso parsimonioso dei beni che la natura ci mette a disposizione.
La rivoluzione industriale iniziata alla fine del ‘700 ha cambiato radicalmente le modalità di produzione dei beni
necessari per la sopravvivenza e lo sviluppo della specie umana. Al singolo agricoltore od artigiano che provvedeva
da solo alle esigenze familiari di sostentamento e di produzione di beni mobili ed immobili, si sostituiva una struttura
organizzata dove gli individui aumentavano enormemente le loro capacità produttive in una catena di montaggio in cui,
con l’aiuto di macchinari, si dedicavano ciascuno ad un singlo particolare di un oggetto complesso.
I motori a vapore, i motori a scoppio ed i motori elettrici sostituivano l’energia muscolare di umani e di animali.
Le condizioni di vita degli abitanti dei paesi industrializzati migliorarono notevolmente ma per poter sostenere uno
sviluppo così rapido e sempre più esteso fu necessario ricorrere allo sfruttamento di carburanti di natura fossile
quali il carbone, il petrolio ed i gas naturali.
Purtroppo ad una società industriale nata con l’intento di soddisfare le esigenze ed i bisogni della popolazione
si è sostituita una società dei consumi in cui si incrementa la produzione di beni falsamente innovativi e non
strettamente necessari aumentando a dismisura lo sfruttamento di materie prime con problemi di inquinamento,
di smaltimento dei rifiuti e di impoverimento dei paesi meno sviluppati.
Questa degenerazione della società industriale indotta e cavalcata da un capitalismo arcaico volto esclusivamente
alla crescita del profitto a scapito di uno sviluppo organico ed armonico del nostro pianeta e dei suoi abitanti ha
inevitabilmente provocato la nascita e la crescita di movimenti ambientalistici che si sono posti il problema della
sostenibilità ambientale dei modelli economici di crescita indiscriminate sia a livello locale che a livello globale.
Finalmente ci si è resi conto che una crescita generalizzata dei consumi non corrisponde ad uno sviluppo individuale
e collettivo della popolazione e dell’ambiente che la circonda ma al contrario impoverisce il nostro pianeta con la
conseguente ed immaginabile distruzione della nostra specie e della vita nel pianeta in cui viviamo.
Persino il significato stesso della parola Economia è cambiato ed è passato dall’originario “ organizzazione
dell'utilizzo di risorse scarse (limitate o finite) attuata al fine di soddisfare al meglio bisogni individuali o collettivi
(significato formale)” al “sistema dell’economia di mercato per realizzare il massimo profitto, aumentando la
produttività individuale e diminuendo il costo del lavoro attraverso lo sviluppo tecnologico di macchinari capaci
di esaltare a dismisura la velocità di sfruttamento delle materie prime e dell’energia della natura ivi compresi le
popolazioni dei paesi poveri .
Si è instaurato nella società occidentale un meccanismo perverso in cui per poter continuare ad incrementare
il profitto si è dovuto procedere alla promozione dei consumi creando falsi bisogni o addirittura attraverso la pratica
industriale della Obsolescenza Programmata che è un vero e prorpio atto criminale nei confronti della natura.
Forse è giunto il momento di abbandonare vecchi tabù e dare inizio ad un nuovo modello di Sviluppo Sostenibile
attraverso una Transizione Economica (in cui il prefisso Eco prenda il sopravvento sul suffisso mia) ed una politica industriale che a parità di valore e di prestazioni del prodotto
metta in primo piano il risparmio energetico adottando alcune pratiche semplici ed immediate che possono essere
adottate in tempi molto brevi e che indichiamo sommariamente di seguito.
1) Adeguare la catena produttiva in modo da mettere in primo piano non la produttività della forza lavoro
ma la sostenibilità ambientale in termini di consumi energetici e di utilizzo e rigenerazione di materie prime.
2) Progettare ed innovare i prodotti in modo da allungare sensibilmente la loro vita media consentendo
quindi di ammortizzare in un numero maggiore di anni l’impatto ambientale legato alla loro produzione attraverso
l’uso di materiali più duraturi ed una struttura costruttiva di tipo modulare con elementi standardizzati in modo da
facilitare il reperimento e la sostituzione di parti usurate.
3) Adottare una politica dei consumi con prodotti a chilometro zero in modo da evitare delocalizzazioni industriali
ed importazioni alimentari perseguite al solo scopo di aumentare i profitti senza tener conto dell’impatto ambientale
generato nei paesi di produzione.
4) Promuovere e perseguire l’obbiettivo della autonomia alimentare ed industriale in modo da raggiungere
l’obbiettivo della indipendenza economica e finanziaria nei confronti delle multinazionali e dei cartelli di investitori.
5) Promuovere l’alfabetizzazione e l’industrializzazione dei paesi del terzo e del quarto mondo in modo
da scoraggiare il fenomeno della migrazione offrendo opportunità lavorative e di sviluppo in vaste aree del pianeta relegate
a meri contenitoi di materie prime e di mano d’opera.
6) Procedere alla cura del territorio ed alla riforestazione in modo da riconvertire la CO2 prodotta nella
combustione di sorgenti fossili di energia in energia chimica destinata alla alimentazione di una popolazione mondiale
in continua crescita ed a soddisfare i loro bisogni primari.
7) Perseguire l’obbiettivo di un pianeta in equilibrio termico, a rifiuti zero e con un tenore
di vita dignitoso e non distruttivo.