La prima importante implicazione di questo lavoro è
l’abbandono di una qual sorta di relativismo dogmatico in cui vengono
abbandonati i concetti di spazio e di tempo, su cui si basa il concetto di
velocità, per poter trattare con la meccanica classica il moto di un
fotone, inteso come particella dotata di massa e di velocità propria. In
pratica il postulato della costanza della velocità della luce ( dimostrato
sperimentalmente) ed il principio di relatività galileiano (" se
K'
è un sistema di coordinate che si muove, rispetto a K, uniforme e senza
rotazione, allora i fenomeni naturali si svolgono rispetto a K'
secondo le stesse precise regole generali come rispetto a K") risultano
incompatibili in una trattazione classica del moto. Il processo di
rinormalizzazione che Einstein opera attraverso le trasformazioni di
Lorentz comporta, per poter salvaguardare il principio di relatività
galileiano, una ridefinizione e quindi una relativizzazione degli
spazi e dei tempi in dipendenza del sistema di coordinate.
Questo procedimento, esteso da Einstein alle
forze gravitazionali nella teoria generale della relatività ha portato,
soprattutto in campo cosmologico, ad una trattazione in cui i buchi neri,
la materia oscura e l’energia oscura la fanno da padrone con un peso
maggiore al 95% dell’intero universo connotandola più come scienza occulta
che come scienza razionale. Nessun essere razionale potrebbe mai dar
fiducia ad un amministratore che è in grado di render conto di meno del 5%
del patrimonio amministrato considerandolo od un incompetente od un
intrigante.
La seconda implicazione è dovuta alla
constatazione che il principio di relatività galileiano è
in realtà una conseguenza del principio di conservazione dell’energia ( o
della quantità di moto) e quindi all’introduzione dell’ energia
intrinseca al sistema di riferimento. Questo concetto era sinora
estraneo alla meccanica classica soprattutto in virtù del fatto che il
metodo riduzionistico assumeva implicitamente una sorta di neutralità
dell’osservatore del fenomeno in modo da garantire l’oggettività
dell’osservazione che doveva essere indipendente da colui che l’osservava
e dall’orientazione e dal tipo di sistema di coordinate che egli
sceglieva. Cioè si ammetteva implicitamente che la presenza
dell’osservatore non doveva influenzare l’andamento della misura.
Tutta la scienza sperimentale e teorica sino
agli inizi degli anni venti del secolo scorso si era sviluppata sul nostro
pianeta terra e quindi non vi era nessuna evidenza esplicita dell’energia
intrinseca del sistema di riferimento e del ruolo dell’osservatore nel
determinare le leggi del moto. Il primo caso in cui ci siamo resi conto
che è impossibile tener fuori l’osservatore dal processo di misura quindi
prescindere dall’apparato di rivelazione è nello studio di particelle a
livello atomico e molecolare per cui è stato necessario introdurre il
principio di indeterminazione di Heisenberg che ha portato la trattazione
dei fenomeni di particelle sub microscopiche in una dimensione
probabilistica senza peraltro richiedere nessun sacrificio per quanto
riguardo il problema dell’oggettività.
L’analisi dell’effetto Doppler acustico ed
ottico ci ha mostrato come il risultato della misura è determinato dallo
stato dinamico e quindi dall’energia intrinseca , cinetica e potenziale,
dell’apparato che genera il fenomeno e dell’apparato che costituisce il
sistema di rilevazione.
Anche in questo caso non vi è nessuna deroga al
criterio di oggettività che anzi viene salvaguardato attraverso una
corretta correlazione tra i vari sistemi di riferimento che si possono
utilizzare.
E' proprio la mancanza di questa corretta correlazione che ha portato
erroneamente Einstein a simulare un campo gravitazionale con il moto
uniformemente accelerato di un ascensore ed a sviluppare la sua teoria
della relatività generale.
L’uomo quindi, con i suoi apparati di misura e
con i suoi sistemi di riferimento interni ed esterni viene reintrodotto
all’interno del fenomeno fisico da cui si era autoescluso ritenendosi un
osservatore esterno e neutrale senza peraltro rinunciare al criterio di
oggettività che viene garantito con la determinazione dei processi di
correlazione fra i vari sistemi di riferimento e quindi tra i vari sistemi
di misura ed in ultima analisi tra i vari individui.
Sulla base di queste deduzioni abbiamo enunciato quello che
potremmo definire come “principio antropometrico” e cioè che
“ per obbedire al criterio di oggettività, ogni fenomeno fisico deve
essere indipendente dallo stato dell’osservatore, ma la rappresentazione
matematica di tale fenomeno non può prescindere dallo
"stato"
dell’osservatore che deve pertanto essere esplicitato nella fase di
determinazione”.
Ma all’interno dell’universo in cui ogni cosa è
in movimento ed è soggetta a forze gravitazionali ed elettromagnetiche la
determinazione dell’energia intrinseca di un sistema di riferimento sarà
possibile solo quando saremo in grado di conoscere l’entità, la posizione
e la dinamica di tutte le masse e le cariche elettriche ed i corpi
magnetici che lo compongono.
Possiamo cioè enunciare quello che possiamo
chiamare come secondo principio di indeterminazione o ”principio di
indeterminazione macroscopico” e cioè : “ L’energia assoluta
di un sistema di riferimento può essere determinata esclusivamente solo
quando siamo in grado di conoscere le masse, le cariche elettriche ed i
corpi magnetici che compongono l’universo”
Ma come il principio di indeterminazione di
Heisenberg non ha costituito nessuna limitazione per la conoscenza del
mondo sub microscopico, così il secondo principio di indeterminazione non
lo costituisce per il mondo macroscopico, basta infatti che il fenomeno e
l’osservatore appartengano allo stesso sistema di riferimento od a sistemi
di riferimento correlabili senza nessuna necessità di conoscerne la loro
energia intrinseca assoluta.
Possiamo quindi definire l’universo in termini
di due campi conservativi e cioè di un campo elettromagnetico, definito
dalle equazione di Maxwell-Hertz e di un campo dinamico-gravitazionale
descritto dalle equazioni della dinamica classica in cui i fenomeni
naturali vengono definiti non in termini dei valori assoluti di questi
campi ma delle variazioni che tali fenomeni comportano su di essi.
Questa rappresentazione dell'universo in termini di "campi conservativi" permette
di definire il concetto di "energia intrinseca" di cui abbiamo
parlato in relazione ai vari sistemi di riferimento. L'energia intrinseca
quindi assume la connotazione di una grandezza di stato che è determinata
dall'insieme delle forze che agiscono su di un oggetto o su di un
rivelatore , siano esse di natura elettromagnetica, o di natura
gravitazionale o di natura cinetica; energia intrinseca che si aggiunge
all'energia interna dell'oggetto, cioè a quella delle forze molecolari,
atomiche e nucleari.
Il problema della
velocità dell'azione a distanza, che ha angustiato gli scienziati ed i
ricercatori nei secoli scorsi viene quindi del tutto superato in tale
visione in cui l'azione è trasmessa attraverso la variazione dei campi (
elettromagnetici o dinamicogravitazionali) che avviene con la velocità con
cui si spostano gli oggetti ( cariche o masse) che li determinano.
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