CRITICA ALLA TEORIA DI EINSTEIN DELLA RELATIVITA’ SPECIALE di Leonardo Angeloni 2 Dicembre 2009 - (Revisione Agosto 2014)
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Introduzione | ||
Da oltre cento anni la teoria della relatività è stata presentata ed è stata considerata come una svolta
epocale nell’ambito della conoscenza della natura. Essa è giunta dopo
circa tre secoli di successi in campo scientifico iniziati con le
osservazioni di Galileo nell’ambito della meccanica e giunti alle
equazioni della elettrodinamica riunificate nella formulazione di
Maxwell.
Questa teoria si pone intenzionalmente come elemento di sintesi tra queste due grandi branche
della fisica con l’esplicito intento di salvaguardarne i fondamenti in una
visione unificata e coerente.
In realtà, come dovrà ammettere tra le righe il suo stesso autore, essa provoca un
profondo stravolgimento delle basi fondamentali della meccanica e della
stessa elettrodinamica tali da compromettere i principi stessi del metodo
scientifico posti da Cartesio alla base del suo razionalismo ed adottati
in pratica da Galileo e dagli altri scienziati nell’ambito delle loro
osservazioni dei fenomeni naturali.
Il “Discorso sul metodo” di Cartesio apre infatti l’epoca moderna in cui la ragione
stabilisce le condizioni che debbono essere soddisfatte per raggiungere la
conoscenza vera. Questa serie di condizioni rivestono un carattere
pregiudiziale ad ogni tipo di conoscenza perché servono come paradigmi
fondamentali per determinare la validità di ogni conoscenza all’interno di
un quadro omogeneo di cui esse costituiscono la cornice. Cartesio non nega
che vi possano essere anche degli altri metodi ma che la definizione del
metodo è pregiudiziale. Cartesio quindi afferma il primato della Ragione
che egli dice di essere uguale per tutti gli uomini ma che non tutti la
utilizzano nel modo corretto, e si propone di coniugare la filosofia che
si occupa in modo non rigoroso di cose reali con la matematica che si
occupa in modo rigoroso di cose non reali.
Rivendicando al “Dubbio” il diritto di mettere in discussione ogni affermazione
dogmatica, tipica della filosofia scolastica, non si abbandona allo
scetticismo ma delinea il percorso verso la vera conoscenza attraverso i
famosi quattro punti che costituiscono i pilastri su cui si basa la
scienza moderna e contemporanea e cioè: 1) L’Evidenza 2) l’Analisi 3) la
Sintesi 4) l’Enumerazione.
In termini attuali essi corrispondono 1) alla ricerca sperimentale in cui i fenomeni naturali
sono misurati e caratterizzati in base all’evidenza ed alla
riproducibilità, 2) alla suddivisione del problema in problemi più
semplici cercando di stabilire le condizioni al contorno e la natura del
fenomeno in se stesso applicando un metodo riduzionistico che non
significa ignorare la complessità ma anzi evidenziarla attraverso
l’analisi e lo studio delle singole componenti del fenomeno stesso, 3)
ricomporre il fenomeno analizzato attraverso un processo di sintesi di
natura teorica che metta in evidenza i processi di correlazione che
determinano la complessità, 4) l’enumerazione che non è altro che la
conferma sperimentale della validità della struttura teorica che deve
sempre ricondurre la Sintesi alla evidenza sperimentale misurata nel primo
stadio della conoscenza senza entrare in contraddizione con altri fenomeni
naturali.
Questo breve richiamo metodologico sulla scienza che ai più potrebbe sembrare inutile
ed ai ricercatori addirittura banale si è reso necessario perché , come
vedremo, anche a colui che è considerato da molti come il più grande
scienziato del XX secolo è capitato di porsi al di fuori di questo quadro
conoscitivo con delle conseguenze molto gravi.
Nessuno vuole mettere in dubbio le capacità ed il genio di Albert Einstein, pur tuttavia
il rispetto per le sue scoperte ed il rispetto per la persona non possono
esimerci dall’esercitare “il Dubbio” cartesiano e dal mettere in evidenza
suoi eventuali errori.
Come prima accennato, la teoria della relatività ristretta, che vede la luce nel 1905 si pone come
compito specifico quello di coniugare il principio di relatività
galileiano (in senso ristretto) secondo cui le leggi che governano un
fenomeno fisico, ad esempio il moto di un corpo, sono indipendenti dal
sistema di riferimento utilizzato, e la costanza della velocità della luce
che è una diretta conseguenza delle leggi dell’elettrodinamica.
La teoria di Einstein, attraverso le trasformazioni di Lorentz, sembra poter superare
questa discrepanza, ma all’inizio del lavoro sulla relatività generale
iniziano i problemi:
(Fundamentals of general relativity.pdf doc 30 pag.147) ma il principio fondamentale della teoria ristretta della relatività che è alla base della teoria generale della relatività, cioè la costanza della velocità della luce,dovrà essere abbandonato come ammette lo stesso Einstein:
(Fundamentals of general relativity.pdf doc 30 pag.150)
Quindi la teoria generale della relatività contraddice la teoria della relatività ristretta
e viene meno al fine fondamentale della conoscenza scientifica che è
quello di stabilire una realtà oggettiva indipendente dalle percezioni
dell’osservatore e dal suo sistema di coordinate. Einstein si costruisce
una fisica ed una matematica strettamente legata al suo specifico sistema
di riferimento introducendo il principio della covarianza delle coordinate
di base attraverso un processo diametralmente opposto a quello seguito
dalla ricerca scientifica delineato da Cartesio e Galileo che è volto
all’analisi del fenomeno per stabilirne gli elementi di invarianza che ci
permettano di formulare le leggi naturali oggettive attraverso la
correlazione dei diversi sistemi di riferimento.
Einstein fallisce anche nel perseguire un altro degli scopi principali della ricerca
scientifica, e cioè quello di formulare le leggi della natura nel modo più
semplice possibile e senza mai contraddire la logica come egli stesso
ammette nella seguente citazione (Fundamentals of general relativity.pdf doc 30 pag.154)
La teoria di Einstein quindi rifiuta il riduzionismo metodologico di Cartesio e Galileo per affidarsi
ad un olismo a priori completamente sganciato dal mondo fisico e dalla
logica aristotelica.
L’evidenza di Cartesio e le misure sperimentali di Galileo vengono completamente ignorate e tutta la
teoria si basa su esperimenti mentali. L’analisi, cioè la suddivisione del
problema fisico in elementi semplici attraverso la ricerca delle
invarianze è sostituita dalla determinazione delle covarianze, la sintesi
è effettuata senza nessuna attenzione alle contraddizioni logiche e
l’enumerazione, cioè la convalida sperimentale della teoria è
completamente disattesa in virtù della ammissione che la velocità della
luce rappresenta un valore limite non raggiungibile ( e neanche
avvicinabile) da strumenti di misura macroscopici e tanto meno da
osservatori umani.
La teoria della relatività rimane quindi una teoria non falsificabile (cioè non dimostrabile) perché è
costruita su di un campo non accessibile.
Il lavoro seguente si limiterà ad esaminare la teoria della relatività ristretta per metterne in evidenza
la struttura costitutiva, le conseguenze e le contraddizioni che ne
derivano. Coscienti delle difficoltà inerenti all’esercizio della critica
ad una teoria accettata (aprioristicamente) dalla quasi totalità della
comunità scientifica per oltre un secolo, procederemo ad una descrizione
dettagliata, e probabilmente pleonastica, dei passaggi matematici della
trattazione proprio per non cedere alla tentazione di semplificazioni o di
approssimazioni causa molte volte di fraintendimenti. Coscienti altresì che il compito della ricerca rimane pur sempre l’accrescimento della conoscenza non limitandosi al processo di critica, a volte necessario e mai gratificante, proporremo una trattazione alternativa che pensiamo sia in grado di dare una risposta a quei problemi che Einstein ha generosamente affrontato . |
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