3- e) Un nuovo approccio : la teoria delle rappresentazioni sensoriali
Abbiamo visto precedentemente (sezione 3-b) che il modo in cui le informazioni che giungono al cervello
vengono codificate ed immagazzinate è quasi sicuramente collegate con la struttura delle cellule neuronali e con i
meccanismi di sintesi proteica che avvengono in esse e costituiscono quello che in termini scientifici viene definita
come memoria.
Molto spesso nel linguaggio comune i termini quali conoscenza, memoria e pensiero vengono utilizzati
indifferentemente per descrivere le attività intellettuali, nel nostro caso abbiamo attribuito al termine «memoria» la
creazione di strutture cerebrali in seguito alla acquisizione riflessa e sensoriale, mentre useremo il termine
«pensiero» per descrivere la capacità intellettiva e creativa propria dell’essere umano chiamando come
«conoscenza» l’insieme delle due cose.
Quindi mentre la memoria assume un connotato totalmente passivo e può
essere presente anche nel mondo
inorganico, al termine pensiero e quindi al termine conoscenza associamo un connotato attivo che è caratteristico
esclusivamente del mondo animale. Pensiero e conoscenza che non sono prerogative esclusive dell'essere umano
come siamo soliti ritenere e di cui tratteremo in questo capitolo, ma che sono presenti anche in altre specie animali
in gradi molto inferiori sino a quasi scomparire in specie viventi estremamente semplici.
La teoria delle rappresentazioni sensoriali trae origine da una lettura unificata delle attività cerebrali basata
prevalentemente sulle caratteristiche strutturali della materia costituente il cervello.
Come detto precedentemente, ogni volta che parliamo del cervello siamo istintivamente portati dal nostro
bagaglio culturale a considerarlo come un oggetto precostituito di cui scoprire il funzionamento dimenticando che
siamo in presenza di una materia viva come qualsiasi altra parte del corpo anche se altamente specializzata. Senza
entrare nei dettagli dei meccanismi molecolari, per altro ancora quasi del tutto sconosciuti, con cui i neuroni
connettivi esplicano la loro attività, tuttavia possiamo affermare che la loro funzione è strettamente legata alla loro
struttura e che la struttura primaria delle proteine, che sono di gran lunga il maggior costituente delle cellule,
determinata dalla sequenza degli amminoacidi, sia un fattore determinante nel caratterizzare le funzioni cerebrali.
Su questa base proviamo allora ad analizzare l'attività cerebrale; essa consiste di tre fasi principali: la prima
fase consiste nella acquisizione degli stimoli nervosi che provengono dalle altre parti del corpo, siano essi di natura
vegetativa e relativi al funzionamento del corpo stesso, che di natura relazionale che provengono dagli organi
sensoriali e che mettono in relazione gli individui con gli altri individui e con l'ambiente circostante, questi stimoli
vengono trasmessi dai neuroni afferenti che come abbiamo visto hanno una struttura allungata con contatti situati
principalmente alle estremità dei vari segmenti e pertanto adatti a trasportare velocemente messaggi per grandi
distanze; la seconda fase consiste nella decodificazione degli stimoli, nella loro elaborazione e nella creazione di
strutture proteiche che servono come memoria permanente per le nuove acquisizioni ( in realtà questa fase è
costituita da due diversi processi che definiscono la memoria a breve termine e la memoria a lungo termine che non
staremo ad analizzare in dettaglio in questa sede), questa fase avviene all'interno della corteccia cerebrale in zone
diverse a seconda del tipo di stimolo sensoriale che viene esaminato e comporta l'attività di un elevatissimo
numero di cellule che sono collegate tra di loro attraverso una fitta rete di interconnessione rappresentate dai
dendriti.
In questa fase avviene non solo il confronto tra gli input vegetativi e sensoriali con la struttura proteica
precedentemente formata e quindi la successiva creazione dello stimolo di risposta, ma anche una vera e propria
attività creativa, che noi abbiamo chiamato pensiero, in cui vengono creati degli output anche in assenza di stimoli
esterni ma esclusivamente sulla base della memoria già acquisita. Questa fase creativa è peculiare della specie
umana anche se non possiamo escludere che sia presente nelle altre specie animali.
La terza fase infine consiste nell'inviare gli stimoli alle altri organi del corpo e quindi determinare la reazione o
l'azione in genere.
Secondo questa teoria quindi alla conoscenza , che come abbiamo detto è la combinazione tra memoria e
pensiero, viene attribuita una base strutturale di natura molecolare e proteica a livello dei tessuti neuronali
cerebrali che funzionano come unica centrale di elaborazione e di gestione di un essere vivente di specie
superiore.
Questo significa che la realtà esterna viene acquisita da ogni essere vivente di specie superiore tramite un
processo di codificazione che la correla a delle precise strutture proteiche a livello cellulare che hanno sede nella
corteccia cerebrale.
Questa teoria ci permette quindi di analizzare il pensiero umano che si è formato attraverso i secoli e di
interpretarlo sulla base della struttura cerebrale.
Prendiamo ora in esame questo processo di codificazione che tenteremo di analizzare sulla base di due principi
fondamentali che sono ben conosciuti da coloro che lavorano nell'ambito delle scienze naturali e che sono
generalmente accettati.
Il primo principio riguarda la stretta interconnessione tra struttura e funzione, e cioè che questi due aspetti non
debbono mai essere in contraddizione tra di loro imputando ogni possibile incongruenza ad una non perfetta
conoscenza o della struttura o del percorso attraverso il quale si esplica la funzione.
Il secondo consiste nel principio della minor complessità e cioè che nella interpretazione di un fenomeno
naturale, quando è possibile, è sempre da preferire la strada della minore complessità a parità di evidenze
sperimentali concordanti.
A questa nostra interpretazione del processo di decodificazione abbiamo dato il nome di «Teoria delle
rappresentazione sensoriali» adottando un linguaggio comune nella teoria dei gruppi che ha dato enormi risultati
nel campo della spettroscopia molecolare per lo studio della struttura e della dinamica molecolare di sistemi
semplici.
Come primo esempio iniziamo ad analizzare il processo che avviene attraverso l'organo sensoriale della vista.
Come è noto, l'immagine che viene proiettata sulla retina viene trasmessa attraverso stimoli nervosi all'interno
della zona cerebrale pertinente; questa immagine che in genere è molto complessa come ad esempio quella di una fotografia
o di un paesaggio, costituisce una rappresentazione della realtà esterna percepita in quell'istante che
chiameremo rappresentazione riducibile ; tale rappresentazione non viene immagazzinata come tale all'interno del
nostro tessuto cerebrale ma subisce un processo di scomposizione in rappresentazioni di minore dimensione sino a
giungere a delle rappresentazioni che non possono essere ulteriormente ridotte e che pertanto chiameremo
rappresentazioni irriducibili che come vedremo in seguito corrispondono ai concetti fondamentali cioè a quelle
che in filosofia classica vengono chiamate idee .
La sintesi proteica avviene al termine di questo processo di suddivisione, o di analisi, delle percezioni spazio
temporali che consiste in un semplice confronto tra le informazioni che vengono percepite e le rappresentazioni
irriducibili che sono già presenti in forma di strutture molecolari perché acquisite precedentemente; ogni
informazione aggiuntiva da origine ad una nuova struttura proteica all'interno delle cellule cerebrali.
La velocità di questo processo di decodificazione e la possibilità di immagazzinare un elevatissimo numero di
informazioni è determinata dalla vasta rete di interconnessione tra le varie cellule cerebrali attraverso le
ramificazioni dendridiche ed i relativi contatti (sinapsi) infatti queste proteine sintetizzate in seguito ai vari stimoli
sensoriali non sono immagazzinate in un singolo neurone ma sono delocalizzate su una serie più o meno vasta di
neuroni cerebrali raggruppati spazialmente in funzione dell’apparato sensoriale o funzionale.
Così in un paesaggio possiamo riconoscere un fiume, delle case, dei monti, delle linee geometriche determinate
dalla vegetazione ecc. cioè confrontiamo la rappresentazione che arriva dai nostri occhi con delle rappresentazioni
irriducibili preesintenti nel nostro cervello
Questa attività di scomposizione e quindi di tipo analitico che costituisce la base di quello che chiameremo
«conoscenza di primo livello» non è prerogativa della mente umana ma è comune ad ogni cervello animale che è
quindi un organo in grado di sintetizzare proteine in seguito a stimoli nervosi che vengono dagli organi sensoriali e
di immagazzinarle al suo interno in modo da costituire un bagaglio cognitivo necessario per la sopravvivenza
dell'individuo.
Il cervello Umano, oltre alla capacità del cervello animale propriamente detto che utilizza le rappresentazioni
irriducibili come base per la decodificazione degli impulsi sensoriali che provengono dall’esterno ha la capacità
esclusiva di utilizzare tali rappresentazioni come base per la creazione di nuove rappresentazioni, conoscenze che
sono indipendenti dalla attività sensoriale e che si configurano esclusivamente come pura attività intellettiva e
creativa. Viene costituito in questo modo il pensiero che è alla base di ogni conoscenza e che chiameremo
«conoscenza di secondo livello».
Un prodotto tipico della pura attività intellettiva è costituito dalla conoscenza matematica, che pur partendo da
basi sensoriali e reali si è sviluppata indipendentemente dagli impulsi sensoriali esterni creando una struttura
logica che si è dimostrata fondamentale per la comprensione di una complessità esterna non comprensibile
immediatamente attraverso una semplice sensibilità sensoriale. La corrispondenza tra queste rappresentazioni
intellettive, create a partire dalle rappresentazioni irriducibili, con i dati sensoriali provenienti da fenomeni esterni
complessi costituisce il fondamento stesso della validità della struttura intellettuale teorica elaborata dalla mente
umana.
Questa corrispondenza costituisce la base fondamentale della conoscenza scientifica che a partire dai dati
sperimentali elabora delle teorie capaci di predire ed interpretare altri stati sperimentali non immediatamente
percettibili nella loro complessità strutturale: la mancanza di questa corrispondenza induce il pensiero scientifico a
rettificare la propria rappresentazione intellettiva a favore di un’altra che sia in grado di interpretare oltre alle
vecchie conoscenze anche le nuove evidenze.
Su questa base quindi di natura strettamente biologica trova spiegazione l’origine delle idee che nella filosofia
classica venivano assunte come base della realtà di cui il contingente e lo sperimentale non rappresentava altro che
una imperfetta copia ma che sono da noi assunte come le rappresentazioni irriducibili che sono la base della nostra
conoscenza ma che sono acquisite dall'esterno tramite i nostri sensi.
3- f) Un nuovo concetto di trascendente
Nella sua accezione comune, il concetto di trascendente viene associato con tutto quello che non è oggetto
diretto della nostra percezione fisica cioè con quella che viene definita «conoscenza metafisica». Nella teoria delle
rappresentazioni sensoriali, questo tipo di conoscenza trova la sua collocazione all'interno di quella che abbiamo
chiamato conoscenza di secondo livello e che si identifica con la parte creativa della mente umana e cioè del
pensiero. Questo tipo di conoscenza che molto spesso si basa su algoritmi derivati dalle percezioni sensoriale quali
ad esempio il principio di non contraddizione, il principio di causa – effetto, il potere della trasferibilità delle
osservazioni, il principio di analogia ecc. non ha tuttavia delle limitazioni se non quelle imposte dalla struttura
della conoscenza stessa, in altre parole, le rappresentazioni che vengono create nella nostra mente sulla base delle
rappresentazioni irriducibili acquisite su base sensoriale, sono tutte parimenti valide una volta che abbiano
soddisfatto i limiti e le condizioni poste dalla mente stessa; il valore innovativo del pensiero scientifico consiste nel
non limitarsi a questa autoreferenzialità, ma di cercare un costante riscontro anche parziale o settoriale tra le
rappresentazioni create dal pensiero e le rappresentazioni derivate dalle esperienze sensoriali che costituiscono la
conoscenza fisica.
Il processo di suddivisione delle percezioni sensoriali in termini più semplici (che noi abbiamo chiamato
rappresentazioni irriducibili) ed il corrispettivo processo di creazione di rappresentazioni più grandi
(rappresentazioni riducibili) da parte del nostro cervello era già stato individuato, per via puramente filosofica da
Kant nella «Critica della ragion pura» come componenti della «Logica trascendentale » e denominati
rispettivamente come «Analitica trascendentale» e «Dialettica trascendentale».
Ma il problema fondamentale di Kant, come quello di tutti i filosofi che lo hanno preceduto e seguito è quello di
stabilire se esiste una conoscenza a priori, visto che l’esperienza sensibile di ogni singolo individuo e quindi di
carattere soggettivo non era ritenuta sufficiente a spiegare concetti comuni che quindi si presentavano come
oggettivi. Parallelamente a questo cammino filosofico si sviluppa un cammino teologico teso ad individuare la
presenza di un essere trascendente che è la sede della conoscenza a priori.
Non c’è dubbio che indipendentemente dall’oggetto studiato, cioè la conoscenza a priori e l’essere trascendente
(Dio), sia la filosofia che la teologia sono espressioni del pensiero umano, sia che esse siano generate
esclusivamente da sensazioni empiriche sia che esse siano ispirate da enti esterni tramite la rivelazione divina. La
conoscenza dei meccanismi di formazione del pensiero umano è quindi determinante per individuarne l’origine e
lo sviluppo attraverso i secoli e verificare se questo sviluppo può essere interpretato compatibilmente con la teoria
delle rappresentazioni sensoriali: solo in questo caso saremo autorizzati ad utilizzare la nuova teoria che ci
permette di estendere la conoscenza precedentemente acquisita nella misura in cui essa sarà in grado di interpretare
le discrepanze e le eventuali contraddizioni sulla base delle presenti conoscenze di carattere filosofico o
tecnico-scientifiche.
Cominciamo ad analizzare la «teoria delle idee» di Platone, che come afferma Giovanni Reale costituisce la
pietra miliare che segna la nascita e lo sviluppo di tutto il pensiero occidentale.
(6)
La motivazione fondamentale che è alla base della «teoria delle idee» e successivamente della dottrina dei
Principi è la constatazione della stretta correlazione tra la realtà fisica esterna e la struttura della ragione. Quindi
anche in Platone vi è una corrispondenza diretta tra la realtà esterna all'individuo ed il contenuto della mente
dell'individuo stesso, il punto di distacco tra Platone ed i filosofi naturalisti avviene nel momento in cui si va a
cercare la «causa prima» dell'essere e del divenire delle cose.
E' indubbio che data la totale mancanza di conoscenza delle leggi fisiche e della struttura della materia, l'unica
risposta a tale domanda poteva essere data esclusivamente attraverso una indagine speculativa che originava nella
ragione e si risolveva nella ragione stessa.
Le idee quindi , che secondo il nostro punto di vista sono gli elementi costituenti (rappresentazioni irriducibili)
della rappresentazione sensoriale, venivano ad assumere, data la loro generalità, il ruolo di vera causa da cui
vengono generate le cose fisiche e di cui esse partecipano. Le idee quindi vengono a costituire la metafisica che si
pone al di sopra del mondo sensibile e che costituisce l'unica e vera realtà.
La ragione per cui la metafisica si pone sopra la fisica deriva dal fatto che essa ha la capacità di unificare le
esperienze sensibili pur costituendo esse stesse una molteplicità poliforme.
La necessità di una ulteriore unificazione si poneva quindi come sbocco ineluttabile al processo filosofico che
ha generato la teoria dei Principi Primi in cui l'ESSERE si identificava con L'UNO a cui per necessità intrinseche
di carattere logico veniva affiancato il principio della DIADE che naturalmente era necessario per spiegare la
molteplicità fisica.
Per circa duemila anni il pensiero filosofico, sociale e religioso della civiltà occidentale si è confrontato con
questi principi primi derivati da un distacco pressoché completo tra realtà sensoriale e struttura mentale ed anche al
giorno d'oggi il solco tra filosofia e scienza è ancora molto profondo.
La ragione storica di questo processo di distacco non va certamente cercata nell'invadenza della filosofia ma
quanto piuttosto nella deficienza di scienza e di ricerca scientifica che ha cominciato a svilupparsi soltanto negli
ultimi secoli proprio sulla base di quella cultura filosofica di durata millenaria che, come vedremo più avanti,
continuerà a conservare il suo attributo fondamentale di trascendenza seppure inquadrato in un contesto diverso.
Abbiamo visto quindi come nel mondo classico l’attività della ragione si è talmente distaccata dalla esperienza
sensoriale tanto da considerare quest’ultima non come l’origine della conoscenza di cui la mente costituisce la
rappresentazione ma al contrario come essa stessa una rappresentazione imperfetta della idea pura; per cui una
linea tracciata su di un foglio è la rappresentazione imperfetta dell’idea di linea che risiede nella mente umana
come pura entità razionale e quindi come entità perfetta.
Sulla base di queste entità pure ed esterne si e quindi costituita nell’umanità l’idea del trascendente come entità
eterna ed immutabile a cui ricondurre tutte le cose materiali. La realtà quindi veniva identificata con la metafisica,
a cui la fisica doveva essere ricondotta. Secondo il nostro punto di vista invece la metafisica non è altro che una
rappresentazione della fisica, ma questo non significa che, come vedremo in seguito, essa non sia altrettanto reale
della fisica.
Il concetto di anima è quindi consequenziale a questa impostazione della filosofia classica ed analogamente
anche il concetto di Dio come creatore di tutte le cose.
Il pensiero filosofico occidentale ha quindi imboccato la strada della trascendenza come via maestra per
raggiungere la conoscenza e per giustificare l’etica sociale ed individuale.
La nascita delle religioni monoteiste è quindi direttamente collegata a questa idea di trascendenza che viene
identificata come la perfezione iniziale, e quindi unica, infinita ed eterna che attraverso la creazione è origine di
tutte le cose. La discrepanza tra la perfezione iniziale del creatore e la innegabile imperfezione del creato non
poteva certamente essere attribuita all’essere perfettissimo per cui è stato necessario introdurre in maniera
funzionale il concetto del peccato originale come causa prima dell’imperfezione che doveva essere rimossa
attraverso un duro cammino dell’umanità che avrebbe consentito il riscatto ed il raggiungimento della perfezione
iniziale nel paradiso attraverso la resurrezione della carne.
Questa dicotomia tra trascendente ed immanente e cioè tra divino ed umano si è protratta sino alla seconda
metà del XX secolo e ha dominato il pensiero filosofico, religioso e sociale occidentale attraverso varie fasi alterne
in cui veniva via via privilegiato l’aspetto divino o l’aspetto umano.
La stessa origine del Cristianesimo prefigura il superamento di questa dicotomia attraverso l’incarnazione del
divino perfetto che assume l’aspetto umano con tutte le sue angosce e le sue imperfezioni per condurre l’umanità al
riscatto dal peccato originale ed alla vita eterna. Questa umanizzazione del divino costituisce una forte fonte di
speranza per l’umanità e sposta in basso il baricentro di questa struttura dipolare costituita dal binomio dio – uomo.
Naturalmente il messaggio del Cristianesimo non è esclusivamente di natura filosofica ma coinvolge anche e
soprattutto la struttura sociale, politica etica e morale dell’intera umanità.
Nel cristianesimo il messaggio di amore verso gli altri uomini e verso la natura si prefigura come l’unica strada
percorribile da parte dell’umanità per arrivare alla perfezione ed alla vita eterna e costituirà la base etica e politica
per un comportamento dell’uomo nel mondo che sia in grado di consentire lo sviluppo dell’umanità sino alla
chiamata del giudizio universale.
Il rapporto tra uomo e Dio quindi si configura sempre di meno come un rapporto individuale per assumere un
valore comunitario e sociale che si estende oltre la stessa vita dell’individuo che è partecipe alle sorti dell’umanità
anche dopo la sua morte fino alla chiamata del giudizio universale. La liturgia stessa del Cristianesimo si articola in
questi aspetti comunitari che vengono estesi a tutta la vita del credente anche al di fuori dei luoghi di culto
attraverso una partecipazione attiva alla vita sociale.
A questo aspetto umano di questa dicotomia tra immanente e trascendente, si accompagna l’aspetto divino in
cui emerge un rapporto più individuale tra uomo e Dio attraverso la preghiera, la contemplazione e l’ascesi per
favorire un maggiore distacco dalle cose terrene ed avvicinarsi agli aspetti spirituali dell’umanità. Questa tendenza
trova maggiore sviluppo in momenti storici in cui prendono il sopravvento strutture autoritarie legittimate da un
imprimatur soprannaturale ed in questo contesto il periodo del medio evo rappresenta il culmine di questa tendenza
spiritualistica.
La teoria delle rappresentazioni sensoriali , che assegna alla memoria una natura di carattere bio-organico ed al
pensiero una funzione correlativa , capace di creare delle rappresentazioni di maggiori dimensioni non nega affatto
la presenza del trascendente, e quindi della metafisica, ma le assegna semplicemente un significato diverso da
quello che queste parole hanno assunto nel corso dei secoli.
Le rappresentazioni irriducibili che vengono ottenute al termine del processo di riduzione delle
rappresentazioni sensoriali sono infatti delle entità che trascendono le stesse rappresentazioni sensoriali in quanto
possono essere utilizzate per altre situazioni ed in altre circostanze, sia per analizzare altre rappresentazioni
sensoriali che per creare rappresentazione del tutto nuove come ad esempio le opere d'arte, la poesia, od un'opera di
ingegneria: in questo senso quindi la base della conoscenza è originata dalla fisica ma diventa di natura
trascendente e cioè metafisica.
Ma questo nuovo concetto di trascendenza va molto oltre a questa classificazione gerarchica tra le
rappresentazioni riducibili e le rappresentazioni irriducibili interne alla mente per identificarsi in qualcosa di
immateriale e nello stesso tempo di reale che va oltre i singoli individui ed i singoli popoli pur condizionandone
prepotentemente la vita e la natura e travalica qualsiasi limite di carattere spaziale e temporale. La oggettività di
queste rappresentazioni irriducibili deriva essenzialmente dal fatto che tutti gli esseri umani utilizzano per tale
attività lo stesso meccanismo biologico caratteristico della specie che si è trasmesso per via ereditaria. Fermiamoci
ora ad analizzare quella che abbiamo chiamato conoscenza di seconda specie e che abbiamo identificato con il
pensiero.
Come accennato precedentemente il pensiero è quella attività, prevalentemente di tipo correlativo,
che riesce a
creare, sulla base delle rappresentazioni irriducibili, delle rappresentazioni di maggiori dimensioni, queste
rappresentazioni costruite o ricostruite all'interno del cervello rappresentano quella che abbiamo definito
«conoscenza».
Secondo questa interpretazione quindi la conoscenza, come la memoria, non è una prerogativa esclusiva della
razza umana ma è presente, seppure in dimensioni estremamente inferiori anche nelle specie animali. Questo
spiega la ragione per cui ad esempio un animale domestico che viene bastonato da una persona tende ad
allontanarsi anche dalle altre persone anche se non sono le dirette responsabili della bastonatura, infatti esso
associa il pericolo alla rappresentazione irriducibile della persona umana e non alla rappresentazione globale del
singolo individuo. Naturalmente questo tipo di pensiero, presente nelle specie animali che costituisce una parte
integrante della loro conoscenza, pur evidenziando uno stesso basamento di tipo correlativo è soltanto un processo
estremamente semplificato se messo a confronto con il pensiero presente nella specie umana in cui esso è esplicato
ad un livello molto superiore e per di più in misura sempre crescente sia con il passare degli anni che con
l'avvicendarsi delle generazioni. Quanto detto non vuole essere affatto una affermazione di tipo riduzionistico,
cioè che assimila la persona umana alla specie animale in una visione esclusivamente materialistica, ma mette in
risalto una linea continua all'interno di una visione evoluzionistica della vita di cui l'essere umano costituisce la
massima espressione senza nello stesso tempo negare la presenza di quel salto qualitativo che determina la
differenziazione tra specie animale, in senso lato, e specie umana. Questo salto qualitativo non costituisce una
eccezione nella storia del nostro pianeta e Teilhard de Chardin né «Il fenomeno umano» ne sottolinea la sua
frequente apparizione sia nel mondo inorganico, in cui passaggi stato di aggregazione della materia o reazioni
chimiche determinano la formazione di nuove sostanze con caratteristiche intrinseche del tutto diverse dai loro
componenti , sia nel mondo biologico in cui l'apparizione di nuove specie viventi sono la diretta conseguenza di
salti di qualità che avvengono in un periodo molto limitato di tempo. L'aspetto peculiare che caratterizza la
transizione tra animale e uomo è determinato dalla enorme differenza che esiste tra l'essere umano ed il resto
dell'universo, tale da giustificare la convinzione della presenza di un intervento diretto di un ente esterno postulata
all'inizio della storia del genere umano ma che attualmente è difficilmente compatibile con le attuali scoperte
scientifiche, per lo meno nel modo in cui essa è stata espressa. La maggiore e peculiare differenza morfologica che
si riscontra tra l'essere umano ed il suo più immediato predecessore consiste nel volume della scatola cranica e
nella conseguente maggiore massa cerebrale che contraddistingue l'uomo.
Si è prodotto cioè in quest'ultimo il raggiungimento di quella massa cerebrale critica che ha determinato una
vera e propria esplosione mentale, in modo del tutto analogo a quello che avviene nelle esplosioni nucleari. Si è
cioè incominciato a produrre quel surplus di attività cognitiva che gli ha permesso di non limitarsi alla gestione del
contingente e del contiguo ma di cominciare a guardare oltre la cortina dell'immediato ed immaginare il futuro.
Nei termini della nostra teoria delle rappresentazioni sensoriali, l'uomo ha iniziato a produrre delle
rappresentazioni sulla base delle sue esperienze immediate, sulla base cioè di quelle rappresentazioni irriducibili
che egli aveva acquisito tramite i suoi sensi e che aveva codificato nella sua memoria.
E' a questo punto che nasce il linguaggio, come necessità di trasmettere le proprie conoscenze agli individui
che gli sono accanto e nello stesso tempo ha origine una caratteristica che è soprattutto peculiare del genere umano
e cioè quella di apprendere non solo attraverso le proprie percezione sensoriali ma anche attraverso le esperienze di
altri soggetti che vengono loro trasmesse tramite il linguaggio.
Questo processo di trasmissione delle conoscenze che abbiamo descritto come processo di tipo mentale, in
realtà è reso possibile da alcune caratteristiche di carattere morfologico, come ad esempio la conformazione della
cavità orale dell'uomo che rende possibile una elevata articolazione dei suoni, oppure la conquista della posizione
eretta e la possibilità di utilizzare le mani ecc. cioè il mentale non è mai separato dal fisico, sia che si tratti di
materia cerebrale con la sua struttura ed i suoi neuroni, che si tratti di arti od organi funzionali.
Forme primitive della trasmissione della conoscenza si riscontrano anche in altre specie animali, come ad
esempio in quelle in cui le cure parentali si protraggono per un tempo rilevante per permettere alla mamma di
trasmettere in qualche modo al cucciolo le sue esperienze sensoriali od in quelle in cui sono presenti forme evolute
di organizzazione sociale; tuttavia in tutte queste specie, la trasmissione della conoscenza non va mai oltre il
contatto diretto tra i singoli individui.
La specie umana, grazie alle sue caratteristiche morfologiche, ereditate per via genetica, è riuscita a travalicare
i limiti imposti dalla trasmissione diretta consistenti nella contemporaneità e nella contiguità per proiettarsi oltre i
limiti dello spazio e del tempo.
I graffiti e le pitture rupestri trovati nelle grotte del periodo paleolitico rappresentano il primo tentativo
documentato di trasmissione del pensiero a distanza sia temporale che spaziale in cui gli uomini primitivi
traducevano in segni grafici le rappresentazioni da loro create sulla base delle loro rappresentazioni irriducibili che
erano destinate sia ai conviventi ma anche a coloro che sarebbero giunti da altre parti sia durante l’arco della loro
vita che in tempi successivi. La prima forma del linguaggio, o se vogliamo la prima forma artistica, ha
rappresentato il nascere di quello che noi oggi chiamiamo cultura e che è caratterizzata , come l’evoluzione biologica,
da un filo continuo che si spinge a ritroso per migliaia di anni e che si protrae nel futuro e che non
racchiude solamente le espressioni artistiche ma coinvolge l'intera attività umana.
Questa forma di conoscenza quindi che dall'alba della preistoria accompagna le varie generazioni umane sino
ad arrivare ai nostri giorni è qualche cosa di diverso dalla conoscenza sensoriale diretta caratteristica di ogni specie
animale e trascende il contingente, e cioè la conoscenza fisica, immediata e diretta, per collocarsi al di fuori dello
spazio e del tempo ma nello stesso tempo è ancorata al contingente perché è basata sulla memoria (che abbiamo
definito come conoscenza di primo livello) attraverso il pensiero (cioè la conoscenza di secondo livello).
La cultura è qualcosa di immateriale, cioè è puro spirito, ma nello stesso tempo è qualcosa di profondamente
reale; essa è trascendente perché è al di sopra dell'individuo, qualcosa che esisteva prima di noi individui e che
esisterà dopo di noi, qualcosa che ci è stato trasmesso dai nostri predecessori e che ci proietterà nel futuro
attraverso le nostre opere e le nostre idee e le nostre azioni e che quindi in questo senso (nel nostro piccolo) ci
renderà immortali come immortali sono Dante, Platone, Michelangelo e tutti gli altri.
Qualcosa di immateriale perché il valore della poesia di Leopardi o della Gioconda di Leonardo prescindono
dalla carta su cui sono stampati i versi o dai colori usati nella pittura.
Qualcosa di reale perché è capace di darci forti emozioni e nel contempo ci permette anche di viaggiare in
aeroplano o di navigare sui mari o di parlare con nostri simili dall'altra parte del mondo o dallo spazio.
La cultura si configura dunque come prodotto della ragione ed è riconducibile alla esperienza sensoriale solo
attraverso la ragione.
La definizione comune di ‘trascendente’ derivata dalla filosofia occidentale, va oltre la definizione che noi
abbiamo dato della cultura attraverso una formulazione abbastanza ambigua, infatti da una parte si definisce come
trascendente qualcosa che non è riconducibile in alcun modo alla esperienza reale, neppure tramite la ragione
umana, ma dall’altra si ammette che la ragione ( o l’anima) è la sola che può accedere al trascendente quindi si
attribuisce alla persona umana una doppia natura e cioè una natura terrestre di cui fa parte la ragione contingente ed
una natura divina di cui fa parte la ragione trascendente o l'anima.
Quello che manca nel pensiero filosofico è il punto di raccordo tra il materiale e lo spirituale, cioè tra il corpo e
la mente per cui anche al giorno d'oggi si continua ad assistere a questa netta contrapposizione tra monismo in cui
si ha la perfetta coincidenza tra mente e corpo entrambi sottoposti ad uno stretto determinismo materialistico e
dualismo in cui si rivendica prepotentemente l'indipendenza ed il primato dell'anima sulle leggi fisiche che
governano il mondo.
6) www.filosofico.net/giovannireale.htm