SCIENZA E TRASCENDENZA | ||
4- La rilettura del passato. | ||
4 - a) Il linguaggio
Prima di procedere ad analizzare le conseguenze di questa teoria dobbiamo prendere in esame un elemento
fondamentale per la trasmissione delle conoscenze e quindi della cultura e cioè il linguaggio. Questo strumento da
la possibilità di trasferire le rappresentazioni che si generano all'interno della materia cerebrale, cioè il pensiero, ad
altri soggetti simili attraverso organi specifici che operano all'interno delle leggi naturali.
Esistono vari tipi di linguaggi, ciascuno con la propria peculiarità determinata soprattutto dalla modalità di
trasmissione, dal livello di conoscenze dei singoli individui e dalle caratteristiche del messaggio da trasmettere.
Vi è un linguaggio del corpo che attraverso gesti, espressioni ed atteggiamenti, trasmette all'esterno le proprie
sensazioni, le paure, le gioie come pure i comandi o le minacce; vi è un linguaggio figurativo in cui l'artista
trasmette le proprie rappresentazioni cerebrali, cioè il proprio pensiero attraverso disegni o sculture tramite una
scelta particolare ed individualissima della composizione, dei colori, delle proporzioni ecc. in modo da esprimere e
proiettare all'esterno i propri sentimenti e le proprie sensazioni; vi è il linguaggio musicale in cui il compositore o
l'esecutore, generano delle vibrazioni che giungono direttamente al cuore dell'ascoltatore creando una sorta di
risonanza emotiva capace di creare una perfetta condivisione di sentimenti, di dolcezza o di ansia.
Vi è inoltre il linguaggio più comune che è la parola, sia parlata che scritta, in cui il trasferimento avviene in
termini più semplici pur raggiungendo tramite la poesia forme sublimi di espressione.
Tramite la parola vengono trasmesse agli altri le rappresentazioni che sono elaborate nella nostra mente
attraverso l’emissione orale di onde sonore che a loro volta vengono percepite da altri soggetti e trasformate esse
stesse in rappresentazioni cerebrali. Queste rappresentazioni possono essere semplici, come ad esempio casa,
albero, cerchio uovo ecc. e corrispondono alle rappresentazioni irriducibili che noi abbiamo precedentemente
estratto dalle percezioni sensoriali, o possono essere delle rappresentazioni più complesse che noi esplicitiamo attraverso una concatenazione di rappresentazioni successive semplici ed unite con regole più o meno complicate:
possiamo quindi stabilire una corrispondenza, spesso biunivoca, tra rappresentazioni cerebrali ed espressioni
vocali che in prima approssimazione possiamo definire come semplice, cioè ad ogni parola che è determinata da
una sequenza di suoni vocali corrisponde una sequenza molecolare cerebrale che corrisponde alla nostra
rappresentazione irriducibile. Questa ‘parola’ non ha la capacità di determinare nel cervello del nostro
interlocutore che ci ascolta una rappresentazione irriducibile, ma ha la possibilità soltanto di rievocarla una volta
che tale rappresentazione sia stata decodificata attraverso l’analisi di una percezione sensorialmente completa. In
altri termini, due individui che hanno acquisito la rappresentazione irriducibile di casa attraverso una individuale
sensazione visiva, hanno la possibilità di rievocare tale rappresentazione ed utilizzarla per la costruzione di
rappresentazioni più complesse, come ad esempio la descrizione di un paesaggio, senza la necessità di una
ulteriore sensazione visiva.
Quanto detto mette ulteriormente in evidenza la stretta connessione tra l'aspetto fisico, che è la base della
memoria, e l'aspetto metafisico (la cultura) che agisce sulle strutture cerebrali pur non avendo una consistenza
materiale e pertanto non essendo percepibile attraverso i sensi.
La cultura, infatti, può essere trasmessa solo se siamo in presenza di una base di conoscenze condivise, ma non
si limita all'ambito delle conoscenze già acquisite: essa ne aumenta notevolmente la consistenza sia quantitativa sia
qualitativa attraverso un valore aggiunto sempre maggiore.
L’oggettività di questa base di conoscenze condivise, all'interno del genere umano è garantita dalla quasi
perfetta omogeneità strutturale dei singoli individui che pur non essendo perfettamente identici hanno pur tuttavia
un enorme patrimonio genetico in comune che ne determina le caratteristiche specifiche della specie.
Viene così rimosso l'eterno equivoco presente nella filosofia occidentale secondo il quale si riteneva
impossibile trasferire le esperienze sensoriali soggettive senza ricorrere alla presenza di un ente esterno che
garantiva la oggettività delle sensazioni.
La parola, sia parlata sia scritta, rappresenta di gran lunga il tipo di linguaggio più diffuso sulla terra per la
trasmissione della conoscenza tra gli esseri umani tanto e con il sostantivo lingua si indica l'insieme delle parole e
delle regole che vengono utilizzate per questo tipo d’espressione.
Tradizionalmente la lingua viene considerata come il frutto di un certo numero di convenzioni che si sono
stabilite tra i singoli soggetti per costituire una base comune di comunicazione e pertanto le viene assegnata una
connotazione esclusivamente culturale; in tempi abbastanza recenti si è preso coscienza che , nonostante le diverse
descrizioni grafiche e le diverse emissioni sonore collegate con le varie parole, tuttavia la quasi totalità delle lingue
mostrano una struttura sintattica del tutto analoga lasciando intravedere una comune struttura più di carattere
fisico-antropico collegato con la struttura anatomica e cerebrale che un carattere esclusivamente acquisito di tipo
culturale. (forse può sembrare una coincidenza fortuita ma vogliamo far notare che gli amminoacidi principali che
costituiscono la nostra struttura proteica sono circa 20 così come circa 20 sono le lettere che costituiscono le parole
nell'alfabeto occidentale)
In effetti , sulla base dei due principi enunciati precedentemente che riguardano la stretta correlazione tra
funzione e struttura e la massima semplificazione dei processi descrittivi, possiamo ipotizzare che la parola e le
espressioni linguistiche non soltanto siano determinate dal pensiero, come è ovvio, ma che rispecchino il pensiero
anche da un punto di vista strutturale tale da poter risalire , tramite l'analisi delle parole e dei concetti espressi alla
struttura formale delle interconnessioni neuronali ed al contenuto delle conoscenze codificate a livello cellulare
che noi abbiamo identificato con la memoria.
4 - b)Evoluzione culturale.
L'intuizione fondamentale di Teilhard de Chardin è stata quella di riconoscere un filo continuo all'interno del
processo evolutivo biologico che non si ferma agli aspetti morfologici ma continua all'interno dell'uomo stesso
coinvolgendo i suoi processi mentali.
Guardiamo allora se utilizzando la teoria delle rappresentazioni sensoriali e la metodologia propria del mondo
scientifico la formazione del pensiero umano e con esso la filosofia e la teologia possono essere interpretate in
termini evoluzionisti sulla base della crescita, non tanto del volume cerebrale quanto della organizzazione
cerebrale in termini di acquisizione e di codificazione di quel bagaglio immateriale ed in continua espansione che
è costituito da quello che noi chiamiamo in genere «cultura».
Le implicazioni sia dal punto di vista filosofico che scientifico del lavoro di Teilhard de Chardin sono molto
profonde e destinate ad incidere sul futuro dell'umanità.
A cavallo degli anni cinquanta del secolo scorso, epoca in cui si collocano gli ultimi lavori del gesuita francese,
le conoscenze nel campo delle neuroscienze erano del tutto limitate e quello che Teilhard affermava a proposito dell'ultimo prodotto dell'evoluzione e cioè l'uomo, era basato molto sulla intuizione e sul processo di
estrapolazione che egli aveva eseguito in seguito al suo percorso scientifico nel campo della paleontologia.
Un’analisi grossolana della struttura anatomica della specie umana negli ultimi 5000 anni mostrava infatti che
l'evoluzione fisiologia della specie si fosse praticamente arrestata indipendentemente dalla trasformazione
dell'ambiente esterno, in realtà un esame più attento rivela che l'interazione tra ambiente e struttura fisica è molto
più stretto di quanto ci si possa aspettare e che tale interazione va sempre più intensificandosi con il passare del
tempo e l'avanzare del progresso socio-culturale.
L'aumento di 10 centimetri nella statura media degli italiani riscontrato negli ultimi 50 anni mostra come le
abitudini di vita, determinate principalmente da fattori antropici, siano in grado di influire sulla morfologia
dell'uomo stesso. La cultura quindi, attraverso la variazione degli stili di vita, è capace di influire in maniera
determinante sul fisico, ma nello stesso modo, i recenti processi delle neuroscienze ci mettono sempre più in
evidenza quanto il fisico, in grado di influire su quello che sinora era dato come terreno esclusivo del mentale.
Quel muro invalicabile quindi che la filosofia aveva eretto tra il corpo e la mente, comincia quindi a sgretolarsi
in maniera sempre più consistente prefigurando in parte una nuova rivoluzione copernicana in cui il mentale risulta
determinato dal fisico senza peraltro cadere nelle tesi riduzionistiche e materialistiche perché come abbiamo visto
il mentale è tale da condizionare esso stesso il fisico.
In sintesi occorre abbandonare ogni schema di tipo egemonico di un aspetto rispetto all'atro per renderci
consapevoli che siamo di fronte a due aspetti diversi di un unico processo iterativo di tipo circolare che porta
costantemente ad un’autoridefinizione attraverso una correlazione continua. Se ci si consente un’immagine
poetica potremmo definire il camino dell'umanità come un raggio di luce che si propaga verso l'infinito in cui vi è
una continua oscillazione del campo elettromagnetico tra il polo positivo ed il polo negativo , che rappresentano il
corpo e la mente (o viceversa) e quest’oscillazione permette l'avanzamento dell'onda verso traguardi infiniti,
oppure paragonare l'evoluzione alla doppia elica del DNA che si avvolge continuamente su se stessa pur
sviluppandosi in una direzione ben precisa.
Questa nuova connotazione del processo evoluzionistico si affranca completamente dal determinismo
darwiniano per ricollocare l'uomo al centro dell'universo e renderlo artefice del proprio destino.
L'uomo infatti tramite la cultura ed il pensiero può determinare il suo futuro e quello dei propri simili ed
addirittura quello della propria specie e del pianeta in cui vive; ogni singola persona od ogni gruppo od ogni
nazione può scegliere infatti se collocarsi all'interno di quella linea evolutiva che si volge verso il progresso
collettivo delle specie e dell'ambiente o se invece subordinare tutto e tutti ai propri interessi personali o di
categoria.
4 - c)Una nuova ottica prospettica.
Proviamo ora a dare uno sguardo retrospettivo a quella che è stata la storia dell'umanità per cercare di capire se
gli avvenimenti ed i progressi raggiunti possono essere ricollocati all'interno di questa nuova ottica con cui
cerchiamo di interpretare il presente e di prospettare il futuro.
Il punto di partenza del nostro lavoro era costituito dal tentativi di riconciliazione tra trascendente ed
immanente, e questo problema che si ripropone all'inizio del terzo millennio risale agli inizi della civiltà umana,
cioè al momento in cui per la prima volta l'uomo ha preso coscienza di essere un essere pensante.
La percezione fisica di una realtà esterna e la consapevolezza della propria esistenza e della propria
individualità è stato il primo passo che ha spinto l'uomo a postulare la presenza di un ente superiore alla sua natura.
Sulla base del principio deterministico di causa-effetto, l’esistenza del creato presupponeva necessariamente la
presenza di un creatore ; quindi la prima rappresentazione di Dio è stata determinata sulla base della percezione
fisica attraverso una legge elaborata dalla ragione. Il principio di causa ed effetto non implicava la presenza di un
unico creatore e quindi di un unico Dio né tantomeno implicava la perfezione e la trascendenza di Dio. La
mitologia greca è piena di Dei completamente immersi nelle vicende umane e tutt’altro che perfetti.
Paradossalmente la profonda rottura tra trascendente ed immanente ha avuto origine dal continuo sforzo di
unificazione che l'uomo ha tentato nella sua storia, e cioè dal tentativo di risalire alla causa prima di tutte le cose e
quindi alla presenza di un unico Dio creatore che sia al contempo essere perfettissimo e trascendente. Quindi
l'uomo, tramite la ragione ha postulato la presenza di Dio sulla base delle percezione sensoriale del mondo esterno
e di se stesso.
Il pensiero umano quindi ha creato una prima rappresentazione di Dio che fosse capace di razionalizzare le sue
percezioni sensoriali. Sin da quel momento e per secoli l'uomo ha affidato alla ragione ed alle strutture create dalla
ragione il compito di accedere alla conoscenza del trascendente, pur non tralasciando di introdurre opportuni
dogmi di fede ogni qual volta la ragione si rivelava incapace di fornire spiegazioni convincenti.
L’idea di perfezione di Dio e d’immortalità dell’anima nella cultura occidentale ha avuto origine dalla filosofia
greca di Platone ed Aristotele e si è integrata della religione cristiana, per questo si è venuta a creare una situazione
in cui il dualismo fra trascendente ed immanente ha costituito l’aspetto fondante stesso della religione.
Numerosi ed importanti sono stati i tentativi dei filosofi e dei teologi di colmare il solco che divide il divino
dall'umano e quindi di superare questa doppia natura della persona umana che determina un comportamento
schizofrenico della personalità umana, pur tuttavia, l'incapacità di sanare questo conflitto tra trascendente ed
immanente senza far ricorso ai postulati della fede, ha suscitato profonde divisioni all'interno del tessuto sociale
che hanno dato origine a fuorvianti correnti di pensiero che si autodefiniscono come idealiste, o positiviste o
nihiliste limitandosi a mettere in evidenza solo aspetti parziali dei significati sottesi ai relativi termini.
La teoria evoluzionistica, nella estensione operata da Teilhard de Chardin ed interpretata nei termini della
teoria delle rappresentazioni sensoriali, mette fine a queste profonde lacerazioni che si sono prodotte all'interno
della cultura occidentale e toglie consistenza a tutte quelle correnti di pensiero che si sono sviluppate a partire dal
XVIII secolo in aperto contrasto con la filosofia e la teologia classica attraverso al negazione pura e semplice del
trascendente. Correnti di pensiero che hanno affascinato ed affascinano tuttora vasti strati della popolazione
occidentale e che sono state la concausa delle immani tragedie vissute nel XX secolo.
Affermare che la scienza, la metafisica e la religione sono frutto di attività cerebrali, non significa affatto
abbracciare le tesi del materialismo e del nihilismo che negano ogni presenza trascendentale e riducono la nostra
realtà individuale ad una massa di circa 1500 centimetri cubici di materiale organico racchiuso nella nostra scatola
cranica ma significa prendere coscienza dei meccanismi di formazione del pensiero che sono basati non solo sulle
nostre percezioni sensoriali ma anche e soprattutto sulle esperienze e sulle conoscenze di quelli che ci hanno
preceduto.
Il materialismo risolve il problema del trascendente-immanente, semplicemente abrogando uno dei due termini,
non dissimilmente a quanto fanno gli struzzi che credono di eliminare il pericolo mettendo la testa sotto la sabbia.
Il nihilismo abbraccia il concetto del divenire, che è una parte integrante della teoria evoluzionistica,
esclusivamente come mezzo per demolire la filosofia classica e la religione, trovandosi inevitabilmente sospeso in
un mondo senza un passato e senza un futuro e costretto ad inventarsi una teoria dell'eterno ritorno (Nietzsche)
(7)
che parte da qualche cosa che non esiste per arrivare a qualche cosa che non esiste.
Ma il divenire dell'evoluzionismo è qualche cosa che ha profonde radici nel passato e che si protrae nel futuro
e non il semplice passaggio da qualche cosa che non esiste a qualche cosa che non esiste come teorizzato da
Heidegger (8)
e da Emanuele Severino (9)
che paradossalmente chiude quel cerchio che si era aperto con la negazione
di un essere eterno ed immutabile per ritrovarsi con una infinità di enti eterni ed immutabili.
Tutto questo dimostra come la ragione umana, senza un riscontro costante con la realtà esterna, rischia di creare
delle rappresentazioni che nel migliore dei casi sono esclusivamente autoreferenziali se non addirittura
autocontraddittorie.
4 - d)Evoluzione e religione.
Tutta la vita di Teilhard de Chardin è stata spesa cercando di risolvere questo binomio che appare tutt'oggi
ancora inconciliabile e che costituisce il punto di snodo del conflitto tra scienza e religione ed ancora più in
generale tra fisica e metafisica.
Tutti i suoi scritti di carattere scientifico e religioso sono permeati da questa costante volontà di conciliazione
tra questi due aspetti della natura umana (scienza e religione) che egli ha mostrato non solo di non essere
contraddittori ma profondamente costitutivi dell'uomo futuro, come lo sono stati dell'uomo del passato.
In realtà nella sua opera d’unificazione sono emersi alcuni punti d’attrito soprattutto nelle sue opere spirituali
dove egli cerca di ridurre la sua teoria all'interno della stretta struttura dogmatica della religione per non provocare
reazioni scomposte da parte della gerarchia ecclesiastica ma questo non significa l'inconciliabilità dei due aspetti
quanto piuttosto l'inadeguatezza dell’attuale struttura dogmatica della religione.
Un elemento fondamentale del pensiero di Teilhard è costituito dalla sua teoria della convergenza che lui
estrapola sino alla definizione del punto omega, questo concetto che lui ricava dalle sue osservazioni scientifiche
riveste un aspetto fondamentale sia dal punto di vista filosofico che religioso.
Il punto omega innanzi tutto delinea una connotazione della natura umana che travalica l'individuo per
identificarsi con l'intera specie e per estensione con l'intero sistema globale.
Siccome ogni individuo è parte integrante della specie umana, la natura ed il destino d’ogni individuo è
indissolubilmente legata alla natura ed al destino della specie umana. In termini più religiosi potremmo dire che la
salvezza di ogni individuo si realizzerà solamente nella misura in cui si realizzerà la salvezza della specie umana.
In questo semplice assioma si racchiude il fondamento principale di tutte le religioni che si rivolgono
costantemente all’uomo come essere sociale; questo non significa che la sorte di ogni individuo è stata o sarà
perfettamente uguale a quella di tutti gli altri individui, ma che ciascun essere umano deve essere consapevole che
realizzerà pienamente la propria natura nella misura in cui i suoi simili saranno in grado o messi nella condizione
di realizzare se stessi.
Il messaggio d’amore verso il prossimo che è comune a tutte le religioni è la strada attraverso la quale viene
trasmesso agli individui ed ai popoli il concetto d’appartenenza e di comunione ad un unico corpo che per il
credente s’identifica con il corpo mistico e con Dio.
Sotto questo punto di vista quindi non vi è nessuna contraddizione tra scienza e religione, nella misura in cui
ciascuna di loro si pone al servizio dell'umanità in un’ottica di servizio e non di sopraffazione.
La teoria evoluzionistica non si contrappone con i basamenti teologico-filosofici della religione cristiana ma
soltanto con un’acquisizione letterale delle sacre scritture così com’era avvenuto per le scoperte di Copernico e
Galileo, anzi, ponendo l’attenzione alla specie umana come ultimo anello evolutivo della specie animale
contribuisce a spostare verso il basso il baricentro del binomio trascendente-immanente com’è avvenuto con
l’incarnazione di Dio che ha dato origine al cristianesimo.
La dimensione umana della divinità rappresenta l’aspetto fondante del Cristianesimo che lo distingue
nettamente dalle due altre religioni monoteiste che sono la religione ebraica e la religione musulmana.
Proviamo per un momento a lasciare da parte quella che è il maggiore punto di contrasto tra la scienza e la
religione, e cioè la definizione di quella che è la causa prima dell'essere e del divenire ed analizziamo quelli che
sono i punti di snodo della tradizione religiosa nel corso dei millenni.
Il primo aspetto che risulta evidente è che le tre principali religioni monoteiste del nostro pianeta prendono
come base della loro fondazione il riferimento a dei testi sacri cioè su dei prodotti caratteristici della ragione e della
cultura umana; vi è cioè una attribuzione di sacralità legata non ad un particolare oggetto quanto al contenuto di
questi testi che si considerano come ispirati dalla presenza divina e questa sacralità viene sancita anche in virtù
della tradizione tramandata dalle generazioni passate.
Vi è quindi un espresso riferimento alla cultura anche se naturalmente non viene percepita in se stessa ma come
emanazione della potenza divina.
Potenza divina che non viene mai definita come fine a se stessa ma che intreccia continuamente il suo cammino
con la vita dell'uomo sulla terra sino a dettarne atteggiamenti e comportamenti.
In questa continua opera di ridefinizione del trascendente in termini più vicini all'immanente, la religione
cristiana si spinge così avanti da attribuire alla divinità una connotazione umana tramite l’incarnazione del figlio di
Dio che assume non solo le sembianze ma addirittura la natura umana attraverso la nascita e la morte.
Il cristianesimo quindi rappresenta l'aspetto più avanzato in questa opera di ricongiungimento tra trascendente
ed immanente e quindi tra Dio e l'uomo; e questo soprattutto in virtù della resurrezione della carne che rappresenta
l'atto supremo di confluenza dell'aspetto materiale e dell'aspetto spirituale in un unico ente inscindibile. Il
messaggio evangelico abbraccia non solo l'uomo in quanto tale ma tutto il creato come è dimostrato da quel
magnifico inno alla natura scritto da Francesco d'Assisi che costituisce uno dei primi esempi della letteratura
italiana.
Il punto omega di Teilhard de Chardin non consiste solo nel punto di destinazione finale della specie umana ma
nel punto di convergenza di tutta la terra, facendo proprio in questo modo tutto il messaggio di San Francesco e la
tradizione naturalistica di molte religioni.
Da un punto di vista etico quindi il Cristiano evoluzionista non è per niente in contrasto con il cristiano
ortodosso, ed il messaggio di amore verso Dio e verso il prossimo s’inquadra in questo processo evolutivo in cui
ciascun essere è sempre più cosciente di essere parte di un tutto che si evolve e si perfeziona costantemente nel
tempo, ed è cosciente che la propria individualità sarà perfettamente realizzata solo all'interno di questo processo
evolutivo che coinvolge il mondo intero.
Del resto molti elementi, che a posteriori potremmo interpretare in termini evoluzionistici, sono già presenti nel
pensiero filosofico occidentale antico e moderno e nella stesse religioni che esso ha espresso. Il concetto del popolo in cammino verso la terra promessa ha insita in se una visione dinamica della vita dell’uomo. Lo stesso
percorso interiore del misticismo verso la santità è un forma di evoluzionismo metafisico caratteristico della
religione cristiana.
L'evoluzionismo non è una teoria materialistica o deterministica, come erroneamente ci è stato fatto credere,
perché , nonostante che le forze della natura siano tali da favorire un cammino verso un’interazione ed una
complessificazione maggiore, l'essere umano ha la facoltà di opporsi con la sua opera a questo processo naturale
rimanendo perfettamente libero di scegliere tra il bene ed il male, e questa scelta è effettuata sulla base della
propria coscienza, o meglio ancora, della propria conoscenza che riveste come abbiamo detto quell'aspetto
trascendente e metafisico ereditato dalle passate generazioni.
L'evoluzionismo non implica di per se la presenza di in Dio creatore, ma nello stesso tempo non la esclude nella
misura in cui siamo in grado di distaccarci da quella immagine altamente poetica ma anche un po’ ingenua di un
artigiano che si costruisce una ad una tutte le statuine con cui vuol popolare la terra dopo aver soffiato in loro la vita
e prendiamo atto umilmente della nostra parziale conoscenza non solo dell'universo ma anche del pianeta su cui
viviamo.
Il contrasto tra l'evoluzionismo e la tradizionale quanto inevitabile descrizione del paradiso terrestre è evidente,
come pure è evidente l'inconciliabilità tra l'evoluzione ed il peccato originale per lo meno nei termini in cui ci è
stato tramandato.
Questo tema implica numerosi risvolti filosofici e psicologici oltre che dottrinali; come conseguenza dalla
metafisica classica, la presenza di un Dio perfettissimo presuppone che anche la sua opera sia perfetta e che quindi
il creato, cioè il paradiso terrestre fosse anch'esso perfetto. L'introduzione quindi del peccato originale quindi,
come abbiamo detto, era necessaria per colmare la discrepanza tra un Dio perfetto ed un creato imperfetto.
Il peccato originale tradizionalmente si configura come un atto di superbia e di ribellione a Dio che ha
provocato la cacciata dell'uomo dal paradiso terrestre e l'inizio di quel cammino di riscatto che l'umanità avrebbe
dovuto compiere per ritornare allo stato di perfezione.
Il problema del peccato ed il problema del male che hanno portato molti uomini alla negazione stessa di Dio,
nasce da questa inconciliabilità tra un creatore perfettissimo ed i singoli uomini che sono condannati a pagare per
un reato da loro non commesso.
Quindi la presenza di un Dio perfettissimo costituisce il presupposto stesso della sua negazione; la teoria
dell'evoluzione pone lo stato di perfezione non all'inizio ma alla fine dello stesso processo evolutivo per cui il male
non assume la connotazione di uno stato determinato dal peccato ma è la manifestazione di uno sviluppo non
ancora raggiunto ed a cui occorre tendere.
Sotto questo punto di vista il peccato originale non è stato quello di aver disubbidito a Dio per poter accedere ai
frutti dell'albero del bene e del male ma quanto piuttosto il peccato di presunzione che ha commesso l'uomo nel
ritenersi simile a Dio.
Peccato di presunzione che si ripresenta costantemente quando l'individuo si pone al di sopra delle cose e degli
altri individui che lo circondano senza prendere coscienza della sua limitatezza e senza rendersi conto che il suo
destino è indissolubilmente legato al destino di coloro che lo circondano.
L'identificazione del punto omega con la figura di Cristo che fa Teilhard de Chardin può lasciare sconcertati se
noi, come è naturale, collochiamo la figura di Cristo all'interno del nostro sistema di coordinate spazio-temporali
ma può risultare del tutto giustificato in un sistema di coordinate che travalica i confini del globo terrestre per
estendersi nell'infinito dell'universo.
Questa identificazione non significa mettere in discussione la realtà storica del Cristo ma significa solamente
mettere in evidenza che la sua opera sarà completata al momento della resurrezione della carne e del
ricongiungimento di tutti gli uomini nel corpo mistico.
La maggior parte delle critiche rivolte a Teilhard da parte cattolica, nascono da pregiudizi più o meno velati
verso l'evoluzionismo considerato come una dottrina materialistica non rendendosi conto che il contributo
fondamentale della lettura teilhardiana della storia dell'evoluzione è stato quello di aver messo in risalto il ruolo
della conoscenza e dello spirito all'interno del processo evolutivo tramite il concetto di noosfera come frutto e
completamento della biosfera.
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