5 - a)L'etica, la politica ed i comportamenti umani.
Una delle funzioni fondamentali delle religioni è stato quello di essere la cornice fondamentale di riferimento
per le norme di comportamento umano, sia etico sia politico, per permettere uno sviluppo ed una convivenza
sociale accettabile. La consapevolezza di questo ruolo fondamentale è stata la ragione per cui da sempre il termine
«religione» è stato sinonimo di tradizione, perché essa era basata fondamentalmente sugli insegnamenti delle
generazioni passate che avevano determinato un certo status quo che garantiva la permanenza di certi
comportamenti acquisiti e nello stesso tempo evitava il rischio di pericolosi salti nel buio. Sempre su questa base si
spiega come mai, tranne poche eccezioni, le religioni si sono sempre affiancate all'ordine costituito contrarie non
soltanto a qualsivoglia forma di rivoluzione, ma molto spesso anche a moderati processi di cambiamento.
Questa istintiva resistenza al cambiamento, se non viene mitigata dalla attività della ragione rischia di produrre
l'effetto contrario di quello per cui era stata generata. Infatti rischia di contrapporsi a quel processo evolutivo
naturale sia di natura biologica sia di natura culturale per cui il tentativo di salvare una cornice di riferimento
valoriale a tutti i costi, si risolve in una perdita completa di riferimenti divenuti ormai obsoleti.
Purtroppo è quello che sta accadendo attualmente in un mondo in cui scienza, filosofia e religione stanno
marciando per strade spesso divergenti ed in cui l'etica, la politica e l'economia non sono in grado di scegliere una
precisa collocazione e precisi punti di riferimento.
L'interpretazione teilhardiana della teoria evoluzionistica, offre dei punti di riferimento fondamentali per le
scienze umane e per le scienza naturali che cominciano ad emergere costantemente nei processi mondiali, anche se
spesso in maniera confusa non sistematica, in modo spontaneo e che Teilhard aveva predetto più di 50 anni orsono.
Questi punti di riferimento sono tali non solo per coloro che si dichiarano esplicitamente come cristiani, ma
anche per coloro che rivendicano il loro agnosticismo e la loro laicità.
A questo proposito va fatto notare che nonostante la presenza costante di una visione unitaria del binomio
scienza e religione, l'opera di Teilhard de Chardin si muove sempre su due piani distinti anche da un punto di vista
procedurale dove l'aspetto scientifico, vedi «Il fenomeno umano», e l'aspetto religioso come ad esempio né
«L'ambiente Divino», sono trattati in maniera autoconsistente in modo tale da non dar adito a dubbi e critiche
basati su presupposti fenomeni di contaminazione tra i due piani.
L'aspetto scientifico ha una sua validità basata su presupposti scientifici, come pure l'aspetto religioso ha una
sua validità e consistenza interna; l'aspetto innovativo dell'opera di Teilhard è stato quello di mostrare che le linee
guida tracciate sui due piani sono convergenti e portano ad uno stesso risultato o se vogliamo ad uno stesso punto
finale.
Il paleontologo Pierre Teilhard de Chardin ci ha mostrato la storia della vita sul pianeta terra come un continuo
dipanarsi di un unico filo conduttore che procede attraverso continui stadi e veri e propri salti di qualità verso una
progressiva complessificazione della materia sino a giungere alla formazione dell'essere umano. Lungo il
trascorrere dei millenni siamo quindi passati da organismi molto semplici, quali gli organismi unicellulari, ad
organismi del tutto complessi come i primati, sino a giungere all'uomo sapiens.
La scomparsa di intere specie animali che erano presenti nelle precedenti ere geologiche e la permanenza di
specie che sono rimaste praticamente le stesse da molti miliardi di anni, testimoniano come sia infondata l'accusa
di determinismo che alcuni hanno rivolto all'opera di Teilhard, infatti narrare lo sviluppo di una storia non significa
minimamente affermare che la storia non avrebbe potuto svolgersi altrimenti, né tanto meno che il narratore o
qualcun altro abbia determinato tale sviluppo ma che il processo si è sviluppato perché si sono verificate
contemporaneamente alcune condizioni che lo hanno permesso ma che avrebbero potuto essere tali da determinare
lo sviluppo di altre specie umane che si sono estinte.
Questa complessificazione che ha portato alla comparsa dell'uomo è stata la conseguenza di continue
interazioni tra esseri più semplici che hanno formato esseri di maggiore dimensione ma soprattutto di maggiori
capacità di adattamento e di maggiori potenzialità.
Abbiamo accennato alla formulazione di moderne teorie cosmologiche che fanno risalirà alla presenza di forze
di interazione similari la formazione dell'universo a seguito della esplosione del big bang.
Quello che ci interessa a questo livello è che il processo di interazione non si ferma con la comparsa dell'uomo
ma continua sotto diversa forma con la comparsa di organizzazioni sociali sempre più complesse e sempre più
strutturate e che questo processo di strutturazione prosegue oltre la struttura fisica per trasferirsi nella struttura
mentale con la creazione di un vero e proprio ambiente che coinvolge l'intero pianeta e che Teilhard chiama
noosfera.
La più valida dimostrazione della validità delle intuizione di Teilhard ci è data dalla presenza della rete
telematica mondiale e dai processi di globalizzazione in atto in questo inizio di terzo millennio.
Ma per quale ragione l'opera di Teilhard de Chardin e le moderne scoperte scientifiche e tecnologiche
dovrebbero influenzare in qualche maniera il nostro modo di agire nel vivere quotidiano ed influenzare le nostre
scelte politiche o religiose?
La risposta è molto semplice ed è direttamente collegata con la capacità che l'opera di Teilhard e le nuove
conoscenze hanno di contribuire alla risposta delle tre domande di natura esistenziale che ci eravamo posti nelle prime pagine: conoscere la nostra natura e riscoprire le nostre origini ci danno la possibilità di orientarci per il
futuro ed indicarci la strada per la nostra piena realizzazione.
Solo attraverso la completa consapevolezza della nostra natura e della nostra storia potremmo mettere in atto
tutti quei comportamenti necessari per arrivare ad una vera realizzazione della nostra identità sia come singoli , che
come specie che come abitanti di questo nostro pianeta terra.
Come abbiamo detto precedentemente il contributo fondamentale che Teilhard de Chardin ha dato allo
sviluppo della teoria evoluzionistica è stato quello di inserire l'uomo all'interno del percorso evolutivo che si è
sviluppato sul nostro pianeta a partire dalla comparsa dei primi essere viventi sino ai nostri giorni non come puro
effetto della selezione da parte dell'ambiente, nei termini proposti da Darwin, ma come soggetto attivo in grado di
condizionare il proprio ambiente all'interno di quel processo da lui definito di «complessificazione crescente» che
è stato il vero motore della nascita e dello svilupparsi della vita nel nostro pianeta; complessificazione che assume
l'aspetto della condensazione nei primi milioni di anni succedutesi alla grande esplosione del Big Bang e che
assume l'aspetto della socializzazione e della globalizzazione negli ultimi migliaia di anni.
L'uomo attuale non è quindi il frutto della competizione e della selezione quanto piuttosto il frutto della
coagulazione e della cooperazione; questo significa affermare che entrambi questi due processi si siano verificati
nel corso della vita travagliata del genere umano, ma significa prendere coscienza che lo sviluppo e l'evoluzione
del genere umano sta nella cooperazione più che nella competizione e cioè che la selezione e la legge del più forte
è destinata a successi fittizi e a ritorcersi contro gli stessi vincitori.
Questi due sostantivi quindi, competizione e cooperazione sottendono due filosofie completamente opposte
che sono state alla base della nostra storia e che purtroppo troviamo ancora presenti al giorno d'oggi dopo aver
raggiunto gradi estremi nel secolo scorso.
Nella sua storia della vita terrestre Teilhard de Chardin distingue due diverse fasi caratteristiche della storia
dell'uomo su questo nostro pianeta, la prima fase, in continuità con il processo riscontrato per gli organismi
superiori e per gli ominidi consiste in un processo di espansione, anche da punto di vista spaziale, in cui una
continua gemmazione corpuscolare nelle diverse zone della terra porta alla comparsa di diverse specie, destinate
prima o dopo ad estinguersi, ed una seconda fase di ripiegamento su se stessi in cui si assiste ad una convergenza
sino a formare un unico corpo che raggiunge il suo culmine con il punto Omega.
Questo processo è stato descritto molto efficacemente come il movimento di un’onda che partendo ad esempio
dal polo sud del globo terrestre si diffonde allargandosi sino a raggiungere il punto di massima circonferenza
all'equatore per poi ritornare a convergere successivamente verso il polo nord.
Il nostro destino naturale quindi, quello che si propaga parallelamente alla linea evolutiva che ha determinato la
nostra esistenza come esseri e come coscienze, ci porta ad un’ulteriore complessazione attraverso un processo di
cooperazione destinato a diffondersi in tutta la terra. Questo non significa che l'essere umano non sia in grado di
opporsi a questo cammino tramite le sue azioni ed il suo operato, ma certamente ci da la consapevolezza che una
deviazione da questa linea ci porta inevitabilmente verso una recessione e forse verso l'autodistruzione
dell'umanità.
La storia della nostra pur breve vita di esseri umani ci mostra continuamente come il progresso sia
costantemente legato con l'aumento della cooperazione e della interazione tra esseri distinti attraverso una
continua complessificazione della struttura sociale ed una continua condivisione di idee e di conoscenze, e come
d'altronde come i processi di disgregazione sociale, di parcellizzazione delle comunità urbane siano legate ai
fenomeni apocalittici concomitanti con la scomparsa di intere civiltà che si sono succedute nel corso dei millenni
sulla nostra terra.
La competizione, e nella sua forma più estrema il conflitto, sono per loro natura portatori di contrapposizione
tra singoli ed anche di sopraffazione dell'uno sull'altro, sia che si parli di individui sia che si parli di popoli e si
muovono in una direzione diametralmente opposta a quella linea evolutiva che ci ha permesso di arrivare allo
stadio presente di civiltà.
5 - b) Il modello di sviluppo.
La precedente affermazione che individua nella cooperazione il mezzo privilegiato per la costruzione della
società del futuro in quanto è l'unico mezzo in linea con la direzione evolutiva della vita sul pianeta terra e
costituisce la base fondamentale su cui delineare un nuovo modello di sviluppo che permetta una crescita
equilibrata degli individui, delle società e di popoli della terra.
In questa ottica globale basata sulla cooperazione, un effettivo sviluppo non può essere che uno sviluppo
globale, cioè uno sviluppo in cui il benessere è effettivamente distribuito a livello planetario per tutti gli uomini
della terra.
Un tale obiettivo può risultare del tutto utopistico se noi misuriamo il tasso di sviluppo nei termini
ecominicistici che si sono progressivamente affermati nelle odierne società capitalistiche e cioè essenzialmente in
termini di prodotto interno lordo. In effetti basta fare un calcolo elementare per renderci conto che l'estensione alla
intera popolazione mondiale degli attuali livelli di consumo presente nelle società occidentali non solo sarebbe
impossibile per la mancanza di materie prime, ma sarebbe catastrofico in termini di inquinamento e di impatto
ambientale; uno sviluppo globale, quindi rimane possibile solo nei termini in cui venga ridefinito il concetto di
sviluppo sino ad ora utilizzato.
La storia passata e recente ha dimostrato che sottrarsi a questo processo evolutivo generale attraverso il
perseguimento del proprio interesse particolare, si di individui che di popoli non può che essere destinato
all'insuccesso e portare alla scomparsa della nostra civiltà. La caduta dei grandi imperi che si sono succeduti nei
passati millenni e di conseguenza la scomparsa di intere civiltà è sempre coincisa con l’insostenibilità di una
situazione in cui gli interessi dei singoli erano in contrasto con gli interessi dei molti ed imposti con la
sopraffazione e la guerra.
La caduta dell'impero romano d'occidente è l'esempio classico di questo tipo di fragilità causata dalla
diseguaglianza, dalla povertà e dal disinteresse. Un popolo, o meglio ancora un impero che era giunto al suo
massimo di civiltà e di ricchezza è dovuto soccombere di fronte alle invasioni barbariche di popoli incivili in cerca
di sostentamento. Un impero dotato di un esercito capace di sconfiggere ogni nemico si è rilevato del tutto
incapace di contrastare la fame e la necessità di popoli provenienti da terre lontane.
Gli attuali flussi migratori che caratterizzano questo inizio di millennio si inscrivono nella stessa ottica di
povertà e di necessità di cui il mondo occidentale deve farsi carico se non vuole soccombere e rinunciare per
sempre alla sua civiltà.
In questo pianeta che diventa sempre più stretto e sempre più interconnesso, o ci salviamo tutti o periremo tutti,
ogni strada diversa da uno sviluppo generalizzato porta solo a dei risultati temporanei e destinati a scomparire in
breve tempo.
La necessità a cui dunque occorre fare fronte consiste nel promuovere lo sviluppo dei paesi del terzo e del
quarto mondo senza allo stesso tempo provocare recessione e miseria nel mondo industrializzato.
Questo obiettivo si può perseguire soltanto attraverso una ridefinizione del termine sviluppo diversa da quella
che si è venuta formano nel mondo occidentale nel XX secolo ed una riparametrizzazione delle componenti
costituenti gli indici di valutazione: occorre quindi sostituire alla unica variabile monodimensionale di natura
economica che è costituita dal Prodotto Interno Lordo, un bouquet di variabili che nell'ordine potremmo definire
come Ambientale, Culturale, Sociale ed Ecomico; cioè passare da un mondo monodimensionale ad un mondo a
quattro dimensioni.
Attraverso una combinazione lineare di queste quattro componenti è possibile modulare la crescita in maniera
appropriata nelle varie aree geopolitiche in modo che lo sviluppo di una determinata area non comporti
necessariamente il sottosviluppo di un’area più o meno adiacente e della rispettiva popolazione.
E' del tutto evidente che nelle zone del pianeta in cui regnano la miseria, la fame e la disperazione l'espansione
economica debba rivestire un ruolo prioritario indispensabile per poter provocare nel rispetto e nella salvaguardia
Ambientale uno sviluppo sociale e culturale adeguato non solo alla sopravvivenza ma anche alla crescita di quei
popoli.
Questo sviluppo economico, contrariamente alla attuale impostazione capitalistica globale, deve essere
concepito in modo tale da portare questi popoli alla autosufficienza alimentare in modo da metterli in condizione in
un futuro prossimo di contribuire attivamente alla loro emancipazione : occorre cioè fare in modo che essi lavorino
per se stessi e non per il mondo occidentale, rompendo quella catena di dipendenza dai paesi ricchi che in cambio
di un pezzo di pane li rende sempre più schiavi e senza speranza. In una dimensione monodimensionale dello
sviluppo parametrizzata unicamente dal PIL essi non riusciranno mai dalla loro condizione di riserva di mano
d'opera a basso prezzo ed innescare un vero processo di emancipazione.
I paesi occidentali, che attualmente costituiscono la parte più ricca del pianete terra debbono invece
abbandonare in modo sempre maggiore il loro modello di vita consumistico per privilegiare insieme alla variabile
ambientale la variabile culturale tale da permettere un vero progresso sociale.
Incrementare la produzione e lo sviluppo della cultura (sia di tipo umanistico che di tipo scientifico) permette
allo stesso tempo di liberare risorse e materie prime necessarie per i paesi in via di sviluppo e di non innescare quel
processo di recessione che si innescherebbe in una diminuzione dei consumi pura e semplice.
E' giusto quindi auspicarsi un incremento della ricerca scientifica, come viene continuamente ripetuto da tutte
le parti, ma occorre che questa ricerca e questo sviluppo culturale non siano finalizzati all'aumento della
competitività per incrementare un consumismo sempre più sfrenato, ma debbano acquisire un proprio valore
intrinseco per aumentare la qualità della vita sia per gli attuali abitanti della terra che per quelli futuri.
Questo passaggio progressivo dalla società dei consumi alla società della conoscenza , sia a livello locale che a
livello globale, ha iniziato ad essere evidente nell'ultimo decennio del XX° secolo ma sta acquisendo un carattere
filosofico ed esistenziale alla luce del pensiero di Teilhard De Chardin che già agli inizi degli anni 50 del secolo precedente profetizzava l'avvento della noosfera, cioè della globalizzazione delle conoscenze non come fenomeno
economico ma come esito coerente della natura stessa del «Fenomeno Umano» che si è sviluppata nella sua
evoluzione biologica.