STABILITA' e COMPLESSITA'




2 Fondamenti scientifici dell’intuizione teilhardiana
 

 

  a- Entropia e vita

Il processo di complessificazione che Teilhard poneva a base dell’evoluzione sembrava contrastare drasticamente con la formulazione del secondo principio della termodinamica che determinava il processo di degradazione dell’energia e del terzo principio, ad esso collegato, che nei processi naturali prevede l’aumento dell’entropia identificata con il disordine dei sistemi gassosi che costituivano allora il campo principale dell’applicazione della termodinamica.

In effetti l’aumento di complessità e di ordine che si osservava nel passaggio dal mondo inorganico al mondo organico e poi alla vita non trovava corrispondenza nella legge che determinava i processi di trasferimento e di calore e quindi dell’energia.

Il contrasto tuttavia è solamente apparente ed è determinato come accade spesso da una illecita estensione delle leggi della termodinamica a dei processi che si producono in condizioni diverse da quelle postulate nella loro formulazione.

In particolare, le leggi della termodinamica sono definite per sistemi isolati ( cioè in cui non vi è scambio di energia e di materia con l’esterno) e per sistemi chiusi, ( in cui vi è con l’esterno solo scambio di energia) prendendo in considerazione l’insieme del sistema e non le singole parti che lo compongono . Quindi non sono valide per un sistema aperto quale quello costituito da un essere vivente che scambia con l’ambiente sia energia che materia, e l’aumento di ordine e complessità è compensato con il degrado energetico delle sostanze che vengono metabolizzate.

Questa restrizione non si applica neanche al nostro pianeta, che è sostanzialmente un sistema chiuso in cui non vi è scambio di materia con l’esterno ma vi è un assorbimento di energia radiante che è fondamentale per la vita .

Una corretta applicazione delle leggi della termodinamica, come per tutte le leggi della natura, presuppone la conoscenza non solo dei suoi enunciati ma anche delle condizioni iniziali degli oggetti su cui agiscono e dei postulati che sono parte integrante della loro formulazione.


b - Energia, molteplicità e complessità

Già nel prologo de “il fenomeno umano” compare una delle preoccupazioni principali di Teilhard che è stata quella di conciliare la sua natura di cattolico credente con la sua naturale vocazione alla ricerca scientifica. Egli afferma infatti:

È giunto finalmente il momento di renderci conto che una interpretazione anche positivista dello universo, per essere soddisfacente, deve comprendere l'interno oltre che l'esterno delle cose, - sia lo spirito che la materia. La vera fisica è quella che riuscirà, un giorno o l'altro, ad integrare l'uomo totale in una rappresentazione coerente del mondo.

Nel caso specifico del saggio che qui presento, sarà bene far notare subito - e insisto su questo - che due opzioni primordiali si sovrappongono l'una all'altra per sorreggere e condizionare tutti gli sviluppi.

La prima è il primato conferito allo psichico e al pensiero nella stoffa dell'universo. E la seconda è il valore “biologico” attribuito al fatto sociale quale si manifesta attorno a noi.

Il dilemma fondamentale nella descrizione della natura umana rimane quindi il rapporto che esiste tra materia e spirito, cioè tra le due componenti che ne costituiscono i due pilastri fondamentali.

Dopo oltre 50 anni dalla sua formulazione l’intuizione fondamentale che sottende la teoria evoluzionistica di Teilhard, cioè quel processo di complessificazione che ha avuto inizio all’origine dell’universo e che opera attualmente estendendosi nel futuro attraverso la noosfera non solo non viene smentita ma riceve ulteriori conferme.

La prima convalida della teoria teilhardiana è fornita dalla teoria del Big-Bang che in campo cosmologico è accettata dalla stragrande maggioranza degli scienziati e che prevede un costante processo di raffreddamento e di condensazione della materia (a partire dai primi istanti della grande esplosione) con la conseguente formazione dei satelliti, dei pianeti e delle stelle.

Il processo di condensazione della materia, e quindi di aumento dell’ordine che avviene in alcuni punti dell’universo è compensato con un aumento del disordine globale dovuto al processo di espansione attualmente in atto.

Processi di condensazione, determinati dalla attrazione gravitazionale e di esplosione di nuove stelle, sono avvenuti anche successivamente al Big Bang e stanno ancora avvenendo e ad essi viene attribuita la generazione di atomi pesanti avvenuta in condizioni di altissime temperature e pressioni all’interno delle stelle per poi essere dispersi nell’universo nelle successive esplosioni.

Una successiva convalida alla teoria di Teilhard deriva dal fatto che questa legge di condensazione e quindi di complessificazione, se vogliamo usare la sua terminologia, agisce anche sulla materia che costituisce il nostro pianeta in termini ormai sufficientemente chiari da non destare dubbi non solo sulla sua presenza ma anche sulle sue caratteristiche e sulle sue proprietà.

La meccanica quantistica che vedeva la sua nascita proprio nei decenni immediatamente precedenti la stesura finale de “il fenomeno umano” ha fornito una svolta fondamentale alla comprensione di questa legge di condensazione tramite la teoria del legame chimico.

La teoria quantomeccanica del legame chimico ha non solo trovato innumerevoli conferme sul piano sperimentale ma ha altresì dato la possibilità di sintetizzare nuovi materiali non presenti in natura, mostrando in questo modo tutta la sua potenzialità da un punto di vista euristico.

L’ipotesi formulata da Teilhard per spiegare la stretta correlazione osservata tra complessificazione ed evoluzione, correlazione che si esplicita nell’essere umano come intima unione tra il materiale e lo spirituale si basava sulla presupposta presenza, all’interno della materia di quelli che egli chiamava “granuli di coscienza” cioè di elementi di psichismo che egli correlava direttamente con quella che lui definiva “energia radiale” e che costituiva l’interno delle cose .

Tale ipotesi prendeva origine da un processo di suddivisione e di analisi che a partire dalla unità spirituale e materiale dell’essere umano procedeva ad una scomposizione progressiva sino a giungere ai singoli elementi costituenti composti anche essi di materia e di spirito.

Questa ipotesi non era accettabile né dalla scienza positivista, che accusava Teilhard di psichismo, né dalla teologia ufficiale che accusava Teilhard di panteismo per cui la teoria evoluzionistica di Teilhard è stata ignorata dalla prima ed osteggiata dalla seconda non essendo entrambe in grado di coglierne gli aspetti veramente innovativi cioè la capacità di distaccarsi da un evoluzionismo costruito su caso e selezione e da un creazionismo mitico in contrasto con le evidenze sperimentali.

La teoria quantistica del legame chimico ci da una visione fondamentalmente diversa della natura dei processi evolutivi ma si colloca all’interno della struttura portante della teoria teilhardiana fornendo una interpretazione razionale e plausibile anche dei fenomeni di natura intellettiva e spirituale.


La previta

La descrizione quantistica della struttura atomica prevede che ogni atomo, che come sappiamo è costituito da un nucleo centrale su cui è concentrata la quasi totalità della sua massa e da una serie di elettroni orbitanti ad una distanza più o meno grande dal nucleo, sia caratterizzato da una serie di livelli energetici ciascuno associato ad uno o due elettroni che orbitano intorno al nucleo.

Ad una temperatura non troppo elevata (vedremo successivamente il significato da dare al termine troppo) gli elettroni tendono a portarsi alle orbite più vicine al nucleo e ad assumere quindi le energie più basse possibili assumendo così una configurazione stabile.


Al momento della formazione di un legame chimico, ad esempio tra due atomi dello stesso tipo, quello che si osserva è una interazione tra due orbitali atomici ( normalmente quelli che sono maggiormente distanti dal nucleo e che quindi sono meno fortemente legati ad esso) che si combinano in modo da formare due orbitali molecolari di cui uno ad energia minore degli orbitali atomici di partenza ed uno ad energia maggiore dando luogo a due nuovi orbitali molecolari su cui si dispongono due elettroni degli atomi di partenza (In realtà si ha una ricombinazione anche di tutti altri orbitali atomici anche se di entità molto minore) .


Il legame chimico può avvenire anche tra atomi di specie diversa attraverso un meccanismo che è perfettamente analogo dando luogo a molecole sempre più grandi.

Le nuove entità molecolare che si formano hanno tutte in comune la caratteristica di avere una energia interna minore dalla somma delle energie interne degli atomi costituenti ed inoltre di avere una distribuzione degli orbitali elettronici (che sono in numero uguale alla somma degli orbitali atomici degli atomi costituenti) modificata dalle interazioni atomiche tale da avere una minore differenza di energia tra gli orbitali occupati dagli elettroni, che configurano lo stato fondamentale della molecola e gli orbitali non occupati che possono essere raggiunti dagli elettroni a temperature maggiori o per azione di urti con altre molecole o per assorbimento di radiazione elettromagnetica.

Questo significa in generale che molecole più grandi e più complesse sono più stabili in quanto hanno una minore energia interna, ma al contempo hanno la possibilità di essere eccitate più facilmente. Possiamo quindi dire che esse, per quanto riguarda l’aspetto energetico, raggiungono un grado più elevato di libertà, assegnando a questo termine non un significato antropologico ma un significato puramente fisico intendendo cioè la facilità di raggiungere stati accessibili in particolari condizioni.

Un maggiore grado di libertà si raggiunge anche per quanto riguarda i piccoli spostamenti dei singoli atomi all’interno della molecola , cioè per le vibrazioni molecolari ed infine per quello che riguarda la conformazione delle molecole.

Tutte queste modificazioni, insieme con la conseguente distribuzione di cariche elettriche all’interno della molecola fa sì che ogni tipo di molecola assuma un certo numero di caratteristiche che la differenziano nettamente dalle altre instaurando quindi, sotto questo aspetto un processo di individualizzazione e differenziazione, per quanto limitata alla specie molecolare e non alla singola molecola.

Queste nuove proprietà acquisite, che sono determinate dalla struttura molecolare, non sono osservabili negli atomi costituenti che attraverso le loro proprietà e le loro caratteristiche hanno dato luogo alle molecole in questione, ma sono proprietà relative all’insieme e che vengono definite come proprietà emergenti.

I termini in cui si esprimeva Teilhard non sono certamente corretti, infatti egli osservava :”

“Possiamo dire che la concentrazione di una coscienza varia in ragione inversa della semplicità del composto materiale che essa sottende. Oppure possiamo affermare che una coscienza è tanto più compiuta quanto più ricco e meglio organizzato è l’edificio materiale che sottende.”
“Ammetteremo, in partenza, che ogni energia è essenzialmente di natura psichica. Ma aggiungeremo subito che, in ogni particella elementare, questa energia fondamentale si divide in due distinte componenti: una energia tangenziale che rende l’elemento solidale, nell’universo, con tutti gli elementi dello stesso ordine (vale a dire che possiedono la stessa complessità e la stessa “centreità”); e un’energia radiale, che lo attira nella direzione di uno stato sempre più complesso e sempre maggiormente centrato, verso l’avanti.”

La scienza moderna non fornisce nessuna prova della energia tangenziale e della energia radiale che insieme dovrebbero formare l’energia psichica, come pure del processo di concentrazione della coscienza, pur tuttavia, per strade completamente diverse da quelle di Teilhard è giunta a delle formulazioni che sono totalmente compatibili con un modello evoluzionistico di tipo teilhardiano se al termine “coscienza” sostituiamo il termine “ individualizzazione”, al concetto di energia radiale ed energia tangenziale, sostituiamo con i dovuti accorgimenti, il concetto di energia interna.

Tuttavia non possiamo fare a meno di notare che, nonostante le precedenti precisazioni, anche in questo caso l’intuizione di Teilhard si è dimostrata sorprendente, infatti la teoria degli orbitali di frontiera formulata da Fukui a cui è stato assegnato il premio Nobel per la chimica nel 1981, prende in considerazione gli orbitali esterni delle molecole interagenti, che possono grossolanamente essere correlati alla energia tangenziale, mentre la diminuizione di energia interna riguarda tutti gli orbitali interni ( o di core) della molecola che hanno a che vedere con quella che Teilhard chiamava energia radiale.

Come vedremo in seguito, il termine di ricongiungimento tra materia e spirito che Teilhard aveva posto a livello atomico e molecolare, e cioè nella previta, può essere benissimo collocato al livello della comparsa dell’essere umano senza per questo alterare la struttura portante della sua teoria e soprattutto quel concetto fondamentale che si basa sull’individuazione della “stoffa dell’universo” come elemento unificante del corpo e dello spirito.

Le proprietà emergenti quindi sono le proprietà di insieme che definiscono l’individuo ( dal latino individuus che significa indivisibile) in quanto la nuova entità formata , una volta divisa, perderebbe la sua identita'.

Naturalmente a livello della previta, l’individualità si esprime nel tipo di atomi o di molecole o di composti, tuttavia queste molecole posso combinarsi ancora tra di loro dando luogo a molecole e composti sempre più grandi e sempre più complessi che costituiscono nuove entità e nuove individualità.

Il processo evolutivo, secondo Teilhard è quindi un processo di unione e di compartecipazione che è accompagnato da un progressivo aumento dei gradi di libertà ed una corrispondente complessificazione.

Ma questa unione, che da luogo a delle proprietà emergenti e che quindi definisce un nuovo individuo, non comporta l’annullamento dell’identità dei singoli componenti ma esclusivamente una sua ridefinizione nell’insieme di tutti i suoi componenti. Per esempio le proprietà di un gruppo carbossilico od amminico in una proteina, contribuiscono a determinare le proprietà e le funzioni di quella proteina pur conservando la loro natura di acido e di base rispettivamente.

Questo fenomeno è particolarmente evidente negli organismi viventi in cui le varie cellule costituenti, pur conservando le loro caratteristiche principali di organizzazione e di sintesi proteica subiscono un progressivo processo di ridefinizione che ne determinano una alta specializzazione in funzione dell’organo in cui si trovano.

Stabilità dell’insieme

I processi di unione e compartecipazione quindi, che sono alla base dell’evoluzione, comportano un aumento di stabilità dell’insieme accompagnato da un aumento di flessibilità derivato dal corrispondente aumento dei gradi di libertà.

Questo significa che le singole proteine, anche se perfettamente uguali in termini di struttura primaria, cioè in termine di sequenza degli amminoacidi, tuttavia possono assumere degli stati conformazionali leggermente diversi tra di loro e quindi accedere agli stati di energia molti vicini che si sono formati in seguito all’unione dei singoli costituenti; e contemporaneamente che singole proteine che differiscono per la presenza di qualche gruppo funzionale ( gruppo acido, amminico ecc.) possono svolgere delle funzioni diverse pur mantenendo l’omogeneità sostanziale dell’unità.

Come è noto la differenza fondamentale tra una reazione chimica che avviene in laboratorio ed una simile reazione che avviene in un organismo vivente è dovuta al fatto che in questo secondo caso essa si svolge attraverso stadi successivi in cui sono coinvolti un numero più o meno grande di enzimi (cioè di altre proteine) in modo che la reazione avvenga attraverso piccoli salti di energia, senza cioè la necessità dell’uso di alte temperature e di alte pressioni che sono necessarie in un laboratorio chimico, e che porterebbero inevitabilmente alla distruzione dell’essere vivente.

Il processo vitale quindi è un processo graduale che si attua in forme sempre più perfezionate determinate da una sempre maggiore complessità degli individui ; esso si è sviluppato sulla terra nel corso degli ultimi due miliardi di anni e si riproduce costantemente oggi quando da un unica cellula fecondata si produce un essere vivente.

Ciascuno di noi conserva nel suo DNA la memoria storica di questo evento eccezionale, con i suoi successi ( il nostro patrimonio genetico) ed i suoi insuccessi (la gran parte del DNA che non codifica le proteine) e ciascun individuo, di una determinata specie, ha in comune con gli altri individui della stessa specie un stesso patrimonio genetico che costituisce la base del suo atteggiamento comportamentale che lo rende unico.

c - Noosfera e cultura

Saltiamo a piedi pari tutto il processo dell’evoluzione biologica che ha determinato l’esplosione della vita nel nostro pianeta sino alla comparsa dell’essere umano per soffermarci ad esaminare “il fenomeno umano” nella sua peculiarità più evidente, e cioè la comparsa del pensiero.

La necessità di preservare l’individualità, cioè l’indivisibilità di ogni essere umano, ha portato Teilhard a postulare la presenza di particelle di spirito all’interno della materia elementare sin dalla previta, tuttavia abbiamo visto che il processo di complessificazione porta alla comparsa di proprietà emergenti che sono determinate dall’insieme e sono assenti nei singoli componenti, quindi pur riconoscendo che il pensiero è derivato dall’insieme dei singoli componenti fisici che costituiscono un essere umano, non è necessario cercare in ciascuna porzione del nostro corpo particelle od elementi di pensiero che si presenta come fenomeno d’insieme e costituisce un vero e proprio salto ontologico dell’essere umano.

Salto ontologico che non si è manifestato improvvisamente per intervento di un essere esterno ma che, seguendo lo spirito di Teilhard, si è manifestato in un momento particolare della storia del pianeta terra in un lasso di tempo estremamente ristretto con un processo continuo anche se estremamente accelerato.

Potremmo dire che il pensiero è comparso sulla terra in seguito ad una forte pressione evolutiva che ha comportato un vero salto qualitativo in una specie vivente in modo analogo a quanto avvenuto per le altre forme di vita che hanno generato nuove specie animali e vegetali attraverso forti variazioni avvenute in brevi lassi di tempo, seguite da un lungo periodo di stasi.

Questo salto è stato correlato da Teilhard con l’aumento della cavità cranica ed il corrispondente aumento della massa cerebrale, ma vedremo che questa condizione necessaria, non è sufficiente in quanto la nascita e lo sviluppo del pensiero umano è determinato dalla intera struttura del corpo umano, ad iniziare dalla configurazione cranica, alla posizione eretta, all’uso delle mani e di tutti gli organi sensoriali.


La nascita del pensiero

Un punto di snodo fondamentale per scoprire la nascita del pensiero è costituito dalla necessità di conoscere come si sviluppa il pensiero e come è possibile definirlo.

Questo tema è il centro di varie discipline, come la filosofia, la psicologia e la neurofisiologia, che hanno avuto origini diverse e sviluppi indipendenti ma che non sono state in grado di raggiungere, separatamente, il fine che si erano proposte, e cioè la conoscenza del pensiero.

Seguendo lo spirito della teoria teilhardiana ed i suoi insegnamenti noi proveremo , senza nessuna presunzione, a dare una risposta a questo interrogativo attraverso una proposta che riteniamo possa essere una buona base di partenza per la definizione e la risoluzione del problema.

Come punto di partenza prenderemo in considerazione la struttura cerebrale di un essere umano, senza per questo voler procedere ad un processo riduzionistico ma esclusivamente per determinare quali sono gli elementi costitutivi di quell’ insieme che esprime il pensiero come fenomeno emergente.

La neurofisiologia è quindi la disciplina che più si presta a questo tipo di analisi ed è quella che ha registrato in questi ultimi tempi i maggiore successi grazie soprattutto allo sviluppo della biologia molecolare che affonda le sue basi conoscitive nella chimica e nella chimica-fisica.

Sofisticate apparecchiature e studi sempre più approfonditi hanno permesso di classificare e caratterizzare intere aree del cervello e di determinarne la funzione e la struttura in termini neuronali ed intercellulari ponendo particolare enfasi ai processi di polarizzazione elettrica visibili in tempo reale che determinano l’attività cerebrale e la formazione del pensiero.

L’attenzione posta all’aspetto dinamico della attività cerebrale ha portato molti ricercatori a trascurare l’aspetto statico della struttura neuronale che costituisce il presupposto fondamentale che ne determina funzione ed attività; infatti , data la volubilità delle polarizzazioni neuronali non sarebbe possibile nessuna forma di pensiero senza la presenza di una base strutturale stabile che ne garantisse la permanenza, e cioè senza la memoria che costituisce sia la base su cui il pensiero opera sia l’effetto prodotto dal pensiero stesso.

Molto spesso per i processi di attività cerebrale vengono utilizzati indifferentemente termini quali conoscenza, memoria e pensiero,che in realtà hanno un significato diverso: con il termine “memoria”, in campo scientifico viene definito un processo di modificazione della struttura fisica che permane anche successivamente all’azione che lo ha provocato, e quindi indica qualche cosa di duraturo che normalmente permane nel tempo, noi adotteremo questo significato anche per quello che riguarda l’attività cerebrale umana o dei mammiferi superiori in genere.

Al termine pensiero, naturalmente non può che essere attribuito altro che un significato antropico data la sua peculiare caratteristica di creatività che è assente nel mondo inorganico, in quello vegetale ed in buona parte del mondo animale dove solo nei mammiferi superiori è possibile scorgere qualche cosa che assomiglia vagamente alla attività umana.

Con il termine “conoscenza” invece indichiamo l’insieme di pensiero e memoria che è presente nell’uomo ma anche negli animali, in termini molto diversi ma del tutto riconoscibili.

La base fondamentale di questa argomentazione si fonda sulla ovvia constatazione che le cellule cerebrali, pur essendo altamente specializzate, come del resto tutte le altre cellule del corpo, conservano tuttavia la loro fondamentale peculiarità di cellule viventi, con tutti i loro meccanismi ed i loro procedimenti, e l’unico effetto permanente originato da una cellula vivente oltre al sul mantenimento in vita è quello della sintesi proteica che ne determina la crescita e la funzionalità: è quindi del tutto naturale associare la memoria fisica, con la sintesi proteica delle cellule neuronali del cervello. (Questo non significa che il contenuto della nostra memoria sia geneticamente determinato, ma soltanto che è geneticamente determinato il meccanismo con cui si forma il contenuto della nostra memoria).

Una prova di questo fatto è stata fornita da Kandel ( premio Nobel per la medicina nel 2000) che ha dimostrato come la presenza di inibitori della sintesi proteica in alcuni molluschi sia correlata con la incapacità di sviluppare la memoria acquisita.

Effetti analoghi sono stati nella drosophila (Tim Tully)

Questo fenomeno tuttavia è stato interpretato da Kandel stesso come un effetto collaterale collegato al rafforzamento della memoria a lungo termine non cogliendo appieno a nostro avviso la portata innovativa della sua scoperta.

Naturalmente queste nuove proteine sintetizzate dalle cellule neuronali del cervello hanno bisogno , per essere funzionali, di essere collegate con tutte le altre sedi di memoria, e questo compito viene svolto dalle sinapsi che costituiscono il punto di collegamento finale tra una particolare zona di un neurone ed i dendriti di moltissimi altri neuroni più o meno vicini.

Una prova indiretta della natura proteica della memoria è data dalla stessa analisi dello sviluppo cerebrale osservato nel processo evolutivo che ha portato alla comparsa dell’essere umano, e cioè dal fatto che nell’uomo si è avuta una vera e propria espansione della massa cerebrale in cui la parte più interna è dedicata ai processi di tipo vegetativo del tutto simili a quelli presenti negli animali inferiori, mentre la parte più esterna, cioè la corteccia è dedicata ai processi di tipo sensoriale e comportamentale analogamente a quanto avviene per i mammiferi superiori e per i primati in cui i processi di azione e reazione sono per lo più di tipo istintivo determinati a livello genetico.

L’enorme sviluppo della corteccia cerebrale, che nell’uomo avviene per lo più nel periodo di accrescimento all’esterno dell’utero materno e quindi a diretto contatto con l’ambiente gli ha dato la possibilità di acquisire una memoria estesa che lo rende capace non solo di reagire agli stimoli sensoriali , ma anche di recuperare e di rielaborare i dati della propria memoria per immaginare nuovi scenari e determinare nuovi comportamenti.

Questa attività, che definiamo come pensiero creativo, è dunque un fenomeno emergente della struttura cerebrale che avviene solo oltre una certa soglia dimensionale, e cioè quando la massa cerebrale supera notevolmente quelle dimensioni limite che sono necessarie per lo svolgimento delle funzioni vegetative del corpo e dei comportamenti istintuali.

Siamo quindi in presenza di un salto ontologico in cui si osserva una vero e proprio cambiamento della natura dell’essere vivente in essere umano, non più governato esclusivamente dagli istinti ma dal pensiero e quindi dalla ragione.

Questo salto ontologico in cui molti vedono l’intervento di Dio non presuppone necessariamente una azione diretta ed esterna in un determinato momento della storia dell’universo ma può benissimo, senza per questo suscitare perplessità nei credenti, essere considerata come prodotto dell’evoluzione che agisce come causa seconda, lasciando a Dio il ruolo fondamentale di causa prima.

Coloro invece che negano per ragioni proprie l’esistenza di Dio potranno limitarsi a considerare l’evoluzione come un processo derivante da leggi naturali, come la legge di gravità o le leggi dell’elettromagnetismo, che si basano esclusivamente su osservazioni fenomenologiche indipendentemente da ogni considerazione di tipo ontologico.

La ragione fondamentale che ha determinato il millenario contrasto tra materia e spirito e che divide il mondo moderno tra materialisti (che negano la presenza dello spirito e di Dio) ed idealisti (che considerano la materia come semplice concretizzazione dello spirito) non è tanto il riconoscimento delle diverse e peculiari caratteristiche di questi due aspetti della realtà quotidiana, quanto la evidente incapacità di ricondurre i due aspetti ad una unica causa.

Da un lato quindi non si capisce come una cosa immateriale possa originare una cosa materiale, dall’altro lato risultava inconcepibile e contrario a tutte le leggi naturali, che un ente di natura inferiore, quale veniva considerata la materia, potesse dare origine ad un ente di natura superiore, cioè lo spirito.

Nonostante le innumerevoli opere costruite nei secoli dal genere umano, che hanno modificato il territorio con imprese grandiose ed hanno sfidato le leggi di gravità con la costruzione di torri, palazzi e piramidi, tuttavia tutte le leggi naturali conosciute dalla scienza antica e moderna si comportano inesorabilmente in termini degradativi, cioè in modo da favorire lo spontaneo degradamento dell’energia e l’aumento corrispondente dell’entropia e del disordine.

Le ricerche scientifiche degli ultimi decenni hanno mostrato che questi processi che possiamo definire antrientropici sono effettivamente possibili, non solo nel materiale biologico ma anche nella materia inanimata, questi fenomeni che sono di tipo cooperativo, pur obbedendo nella globalità alle leggi della degradazione di energia, mostrano in particolari porzioni di materia ed in particolari condizioni la possibilità di invertire tale cammino per passare da stati di energia minore a stati di energia superiore.

Un caso classico è costituito da un fenomeno comune nella tecnica laser che viene chiamato generazione di seconda armonica, cioè focalizzando una sorgente laser molto potente su di un materiale opportuno si può ottenere una debole radiazione coerente di energia maggiore; cioè si può passare da una radiazione rossa ( cioè di bassa energia) ad una radiazione nell’ultravioletto ( cioè di alta energia). Questo effetto è un effetto di ordine superiore, cioè è evidente quando la sorgente laser è molto potente e tale da sovrastare i normali processi dissipativi che naturalmente continuano ad essere presenti.

Il grande progetto di Teilhard quindi, cioè la riconciliazione tra materia e spirito in un quadro evoluzionistico, continua a trovare convalide in campo scientifico-sperimentale e nello stesso tempo non si contrappone con la più corretta ortodossia cristiana che si conforma ai valori fondanti delle sacre scritture e non al testo letterale.

Ma la nascita del pensiero nell’essere umano sarebbe del tutto inavvertibile se non si fossero contemporaneamente verificati quei cambiamenti fisiologici e strutturali che hanno permesso la sua manifestazione. La cultura quindi è la manifestazione ed il prodotto non solo del pensiero ma di tutto l’essere umano che dopo la fase denominata come cultura mimica, cioè dei gesti, e della cultura mitica, cioè esclusivamente orale, si è trasformata in cultura simbolica, cioè cultura grafica ed alfabetica.

La nascita del pensiero e la sua trasmissione ha permesso ad ogni singolo essere umano di crescere insieme agli altri grazie soprattutto alla possibilità di perseguire la conoscenza non solo attraverso le proprie percezioni sensoriali ma attraverso le esperienze espletate dai suoi consimili all’interno della famiglia e della comunita'.

La trasmissione orale ma soprattutto la scoperta della scrittura ha dato all’uomo la facoltà di oltrepassare i limiti spaziali e temporali della propria esistenza nutrendosi delle conoscenze delle generazioni passate e proiettando il suo pensiero nel futuro su scala planetaria. Le scoperte del XX secolo quindi hanno dato luogo ad un ulteriore salto di qualità nel processo evolutivo, e cioè alla creazione della noosfera.

Questa nuova dimensione dell’umanità, figlia del pensiero e della creatività umana, si configura come un ente puramente spirituale che trascende i supporti materiali od elettromagnetici attraverso cui si diffonde e che condiziona profondamente la nostra coscienza.